pala di castelfranco

La pala di giorgione in dolce compagnia con la tempesta e la vecchia alle gallerie dell’accademia di venezia

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La paura che la Pala di Giorgione non ritorni a Castelfranco tra il comico di certi amministratori e la razionale volontą degli esperti ci sprona a scrivere queste note introduttive all’ampio servizio redazionale predisposto da La Tribuna di Treviso, da cui traspare pił demagogia che vero senso di responsabilitą nei confronti della salvaguardia del patrimonio. Invece di trovare soluzioni plausibili per la mancanza di un’opera cosģ preziosa per il prestigio che ha dato al settore turistico-alberghiero e non solo, ci si racchiude a forma di riccio, nella speranza che non si venga schiacciati da uno zoccolo di equino. Nessuno fino ad ora ha mai pensato di promuovere sul piano culturale (e di conseguenza tenere alto il prestigio che la cittą di Castelfranco intende fregiarsi, confermano depliants, cartelloni pubblicitari, pubblicazioni) una pur minima manifestazione (seminari, tavola rotonda, lezioni, video, ecc.) in cui si tenga al corrente i cittadini su quanto si sta facendo per recuperaLa e si promuova “nuovi orizzonti di ricerca sull’iconografia, su Giorgione….”. Nulla di nulla. Il paese č in mano a quattro imbecilli che non sanno neppure inventarsi o a copiarci qualche idea geniale nello stimolare comunque curiositą attorno all’opera d’arte.

Riteniamo opportuno pubblicare qui di seguito l’ampio servizio redazionale predisposto da La Tribuna di Treviso in base alla notizia che sarebbe “circolata” a Venezia, negli ambienti vicini alla Soprintendenza per i beni artistici e storici del Veneto, che vede la Pala di Giorgione destinata ad essere esposta nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in una sala esclusivamente dedicata all’illustre pittore. La Pala di Giorgione č del 1500, voluta dal condottiero Tuzio Costanzo, cipriota al servizio della Regina Caterina Corsaro per decorare la cappella di famiglia che si trovava all’interno della Chiesa di san Liberale, demolita dall’arch. Francesco Maria Preti a metą del sec. XVIII per dar posto al voluminoso Duomo. La Pala era ormai ridotta in pietose condizioni, un po’ per l’incuria, un po’ per l’ambiente inidoneo e un po’ per l’ignoranza in materia di salvaguardia del patrimonio di certi amministratori. Dopo lunghe ed estenuanti battaglie il Ministero per i Beni Culturali č intervenuto di “forza” nel febbraio scorso destinandola alle cure dei suoi pił alti specialisti restauratori e ricercatori a Venezia. Con la sorpresa di tutti, si sono potuti constatare i danni arrecati dalla parchettatura di listelli in mogano fissata dal Pellicioli negli anni ‘30 all’Accademia di Brera, dalla ramificazione del tarlo nel retro delle tavole di pioppa (che lavorava indisturbato dentro il legno succoso e ben stagionato dell’opera), e dalla perdita di pezzi di colore del dipinto dovuti agli sbalzi di temperatura (la caldaia a gasolio, non solo era ed č fuori norma, ma arrecava il maggiore danno con il sistema di riscaldamento ad aria calda e fredda davanti alla cappella). Una soluzione ci sarebbe stata se nella testa di certi amministratori ci fosse maggiore sensibilitą per le opere d’arte e ci si affrancasse ogni tanto di qualche lettura scientifica: la costruzione di un climabox solo per la Pala. Indi avrebbe potuto essere collocata in un ambiente pił a Lei idoneo, sotto tutti gli aspetti: immunologico, conservativo, turistico, culturale e perché no anche quello votivo. Affidare la costruzione di un nuovo impianto di riscaldamento e di conseguenza una “riedificazione” della cappella di san Giorgio (cioč dove č stata collocata da trent’anni a questa parte) ad un professionista di Castelfranco, senza valutare le sue precedenti qualifiche peraltro insufficienti per un simile impegno, ha determinato perdite di tempo e un danno che va aggiungersi alla malaugurata sorte del prezioso dipinto. Quei signori che si dimostrano codardi dovrebbero riflettere su questi essenziali punti:

I.Il dipinto di Giorgione appartiene all’umanitą e non a un singolo cittadino che ha la carica pro-tempore di “capo”. E’ inalienabile e non ha nessun valore commerciale. L’stituto del possesso-proprietą, caro avv. Marchetti, non č quello che conosci derivante dal diritto romano. Qui siamo di fronte ad uno statuto speciale, di diritto pubblico, suffragato dalla storia locale, che č consuetudinaria (l’appartenebnza al Duomo), e da quella costituzionale (salvaguardia del patrimonio), e dai patti internazionali che debbono essre rispettati (i Patti Lateranensi, le Convenzioni internazionali Unesco, ecc.).

II. Il Ministero per i Beni Culturali si muove con precise norme giuridiche (riforma Veltroni e seguenti) su base costituzionale e su quella di patti intercorsi tra due soggetti di diritto, lo Stato del Vaticano e quello della Repubblica. Il Ministero ha l’obbligo di intervenire qualora il bene culturale notificato sia in precarie condizioni di salute. Se non lo facesse, verrebbe meno ai principi costituzionali ed i suoi funzionari sarebbero passibili di denuncia grave alla Procura della Repubblica. La scorta armata di Carabinieri da Castelfranco fino al Laboratorio di restauro delle Gallerie dell’Accademia di Venezia aveva questo preciso scopo: la tutela innazituttoč dello Stato Italiano. La si smetta di fare i “girondini” su concetti che sono chiari ad uno studente di primo anno di legge che frequenti regolarmente i corsi e non studi in fretta e furia su pagine di appunti rifotocopiate dell’amico accanto.

III. Se sta a cuore il futuro di Castelfranco, tanto sbandierato come cittą d’arte e di storia, si doveva prevedere con il sistema che avevamo suggerito ben sei anni fa: una costruzione di un climabox appropriato per la preziosa tavola, dopo essere stata accuratamente risanata e rimessa in buona forma. Le reazioni negative a questa nostra proposta, suffragata da diversi esempi su scala mondiale, hanno portato a quello che si vede. Oggi nella cappella san Giorgio del Duomo ci sta una foto formato grandezza naturale della Pala regalata da un albergatore castellano (il Parroco non ha nemmeno i soldi per una foto di due metri). Albergatori, ristoratori, pizzaioli, baristi ve ne intendete di salvaguardia del patrimonio? Perché vi piace investire a Castelfranco Veneto e non a Resana, Tombolo, Fossalunga, Stroppara?

IV. Una volta consolidatosi, il prezioso dipinto del 1500, potrą essere esposto ancora al pubblico, ma attenzione non in un qualsiasi e freddo angolo del voluminoso Duomo. Alla Gallerie dell’Accademia č il suo luogo regale, accanto a due altri preziosissimi quadri di Giorgio da Castelfranco: La Tempesta e la Vecchia. Tre opere d’arte, tre periodi diversi di Giorgione e tre committenti diversi sotto la luce di particolarissimi riflettori e con un clima adatto a questi dipinti, forse i pił studiati e amati non solo dagli storici dell’arte.

V. Dovrebbero essere fieri i castellani che la loro opera maggiore non č pił in un capezzale e tanto meno chiusa in una cella mortuaria, come tristemente č rimasta per lunghi decenni. Sembrava di visitare una povera donna rinchiusa in una prigione di Alcatraz quando ci si accostava al portoncino chiuso con catenaccio della cappella san Giorgio, con quella pietra tombale posta sul pavimento, che nessuno capiva il perché. E sembrava di essere sopra un forno crematorio, se lo sguardo scorreva sotto i piedi (la celeberrima grata dei bocchettoni d’aria, dove i turisti impietositi gettavano un centino come ricordo-scaramanzia).

VI. Alle Gallerie dell’Accademia arrivano annualmente sulle trecentomila visitatori che provengono da tutte le parti del mondo. La Pala a Castelfranco contava appena di qualche migliaio di visitatori, in special modo di turisti olandesi e svizzeri in bicicletta e di torpedoni di pensionati. L’80 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali non l’ha mai vista, come del resto la gran parte della gente che frequenta assiduamente il Duomo per le proprie funzioni religiose. Per vederla bisognava sempre accendere una luce intermittente. L’altare maggiore č gią ben ricco di suppellettili (candelabri, angeli, marmi, tabernacolo d’oro, fiori bianchi, piante, addobbi…) e la Pala del G.B. Pochini “La liberazione delle anime dal Limbo” (XVI sec.) č imponente, attirandosi tutta l’attenzione.

VII. La Pala di Giorgione, gioiello del Rinascimento, ha avuto la sfortuna di trovarsi non per volontą del suo committente ma per l’incapacitą di innumerevoli amministratori (c’č chi la voleva bruciare e rifarne una nuova) inadeguata alla funzione che Le si chiedeva: essere da tramite con lo Spirito divino. Di per se stessa fragile e vulnerabile non potrą pił ritornare in un luogo in cui la sua esistenza viene messa a rischio. Le Gallerie dell’Accademia di Venezia č il luogo deputato e il pił nobile che ci sia per custodirla fintantoché a Castelfranco ci sono certi amministratori ignoranti, presuntuosi e superstiziosi. Inoltre, non tutto č stato svelato attorno alla Pala di Giorgione, commettendo grossolani errori d’interpretazione persino da chi č stato incaricato a studiarne l’iconografia o ha sentito il desiderio di pubblicare studi su di essa in Italia o all’estero.

VIII. Che venga fatta luce sull’araldica Costanzo, su alcune parti dei personaggi, del paesaggio, pesantemente manomessi dai restauratori, raschiando le superfici e aggiungendovi colori impropri e vernici che l’hanno ridotta ad un colore cadaverico, quel giallo ocra sporco che si addice a croste e a non ad opere d’arte, che nel mercato internazionale dell’arte hanno il valore di una patacca.

IX. Alle Gallerie dell’Accademia di Venezia la Pala di Giorgione sarą consultata, paragonata, studiata da storici, studiosi, ricercatori, giovani laureandi o semplici appassionati con maggiore profitto. Ne siamo sicuri, anzi speriamo di conoscere al pił presto testi e pubblicazioni per nuove e affascinanti interpretazioni.

X. A Castelfranco, di certo, con tutta la buona volontą e passione che vorrebbero metterci il Sindaco Gomierato, il parroco Don Lino, il bibliotecario Cecchetto o qualche altro sprovveduto in materia di salvaguardia del patrimonio e di vera storia comparata e non inventata, non avrebbe mai potuto offrire un traguardo cosģ importante e ambizioso al “caposaldo del catalogo di Giorgione, la Madonna col Bambino tra i santi Nicasio (o Liberale? o Giovanni? o Giorgio?) e Francesco.

Storia e altre annotazioni (Per un approfondimento vedasi il www.museogiorgione.it) . Dalla Pala di Castelfranco si č d’accordo nel considerare che inizia il periodo pił florido e di maturazione di Giorgio da Castelfranco. La Pala č un esempio di estrema capacitą nella composizione di un gruppo piramidale in un ampio spazio centinato occupato per la maggior parte da un’ambientazione architettonica. E’ una sacra conversazione per adornare un altare, contenuta, che crea l’illusione di una finestra dietro la quale si svolge la scena rappresentata e voluta dal committente, condottiero d’origini nobili. La tavola rompe le convenzioni figurative della pala d’altare abolendo ogni riferimento a un interno ecclesiastico. I personaggi rivolgono lo sguardo all’esterno, coinvolgendo emotivamente lo spettatore. I due minuscoli guerriero inseriti nel paesaggio arcadico ribadiscono il tema della guerra e della pace, incarnato dai santi ai lati del trono e adatto a un condottiero mercenario quale era Tuzio Costanzo. Il Santo guerriero nell’armatura scintillante di “lustri” (di foggia teutonica? O bresciana?), sarą preso a modello in molti ritratti individuali. E’ stato identificato di volta in volta con san Giorgio, titolare della cappella destinata ad ospitare la pala, con sa Liberale, patrono del Duomo, con san Nicasio, uno dei santi protettori della famiglia Costanzo, e infine con san Giovanni, patrono dell’Ordine omonimo dei cavalieri, inglobato pił tardi nell’Ordine di Malta, del quale faceva parte il committente Tuzio o Tuccio Costanzo ed il figlio Matteo era “cavaliere dell’Ordine di san Giovanni”. Lo stemma araldico che si vede sotto il trono č incompleto e rovinato da ripetuti restauri. Dovrebbe raffigurare sulla parte superiore un leone rosso su campo d’oro, separata da una fascia rossa (famiglia De Verni) e sulla parte inferiore sei costole allineate per tre su campo azzurro (famiglia Costanzo). Riprendiamo alcune note ricavate dalla “Raccolta generale delle armi ed insegne gentilizie” di Tettoni e Saladini, ed. Wilmant di Lodi 1841, in merito a questa famiglia blasonata di origini germaniche, stabilitasi in Pozzuoli dal 1182 sotto l’impero di Federico Barbarossa: “(…) Muzio Costanzo morģ nel 1479 e fu sepolto nel tempio di Nicosia, sulla cui tomba leggesi: Mutius Constantius Messane Trinacriae Urbe genitus, multam laudis aput Parthenopae, etc. Hyberiae Reges: propriis Triremibus Cyprum navigans de diotinis Amocustae ad Regem Jacobum causa fait, a quo auro accinctus, etc. Admiratus Regni cactus, saepe pro Rege sedens jura administrabat, etc. tandem mortem hic prostratus sua virtute terra visa est. An. 1479.d.3.m.Augusti. Tuccio, cosģ nominato ad imitazione della fortuna dell’avo, sulle cui orme valorose camminņcoraggiosamente, Servģ il Senato di Venezia, e venne eletto capitano d’uomini d’arme. Il Corio, di Tuccio ci lasciņ scritto ch’egli fu nell’esercito che ha combattuto contro Carlo VIII all’epoca del suo ritorno in Francia, uno dei primi condottieri creato dalla Lega, nella quale acquistņ titolo e fama di valoroso soldato e di ottimo capitano. (….) Il (figlio) Matteo fu capitano d’uomini d’arme in etą di ventitré anni, vivendogli ancora il padre. Caldo parteggiatore delle fazioni di sua famiglia, combattč lungo tempo, ma infermatosi nella guerra del Casentino, cessņ di vivere, e fu sepolto in Ravenna l’anno 1504. Muzio II eletto ai servigi di S. Giovanni (leggi Ordine di), venne creato capitano della lingua italiana ed ammiraglio della sua religione. Negli ultimi anni di sua vita si ritirņ nel priorato di Barletta, ove morģ nel 1547 (…) Usarono anticamente i Costanzo per propria insegna tre spade d’argento con elsa d’oro, poste in palo in campo celeste, e per cimiero un re coronato, tenendo colla destra una spada alzata, e colla sinistra un giglio d’oro; presero di poi sei costole in campo azzurro, con un leone rosso passante nel capo dello scudo d’oro”.

Bastano queste informazioni per far aprire gli occhi agli “studiosi” della Pala che dovrebbe essere un pochino di pił ristudiata?

Ecco gli articoli de La Tribuna di Treviso, giovedģ 7 novembre, alla vigilia della grande mostra miliardaria di Van Gogh ai Carraresi, e le risposte di Serrajotto e della Soprintendente d.ssa Nepi Sciré dell’8 novembre. Servizi di Enrico Tantucci, Ingrid Feltrin, Alessia De Marchi, Laura Grassi.

La celebre pala resterą per ora in laguna: il duomo di Castelfranco giudicato non idoneo a garantirne l’integritą. Giorgione «sequestrato» da Venezia. La cittą fa quadrato: quell’opera deve tornare al suo posto di Enrico Tantucci

CASTELFRANCO (La Tribuna di Treviso, 7 novembre 2002). La pala di Giorgione, fino a data da destinarsi, prende casa a Venezia e – ormai concluso il delicato restauro – sarą presto esposta alle Gallerie dell’Accademia, in uno spazio appositamente dedicato al grande pittore veneto, nel quale saranno raccolte anche le altre sue opere conservate nel museo veneziano. Dure le reazioni dei castellani. Don Lino Cusinato, parroco del Duomo, č categorico: «Nessun accordo con la Soprintendenza per l’esposizione dell’opera». Il sindaco Maria Gomierato (nella foto con Vittorio Sgarbi) assicura: «La pala tornerą in cittą entro il 2003».

VENEZIA. La pala del Giorgione di Castelfranco, fino a data da destinarsi, prende casa a Venezia e – ormai concluso il delicato restauro – sarą presto esposta alle Gallerie dell’Accademia, in uno spazio appositamente dedicato al grande pittore veneto, nel quale saranno raccolte anche le altre le sue opere conservate nel museo veneziano. Del ritorno nel Duomo di Castelfranco della Madonna, il Bambino e i santi Liberale e Francesco – questo il titolo dello straordinario dipinto giorgionesco – si parlerą solo quando e se sarą risolto il problema del riscaldamento e delle condizioni ambientali della chiesa, dove l’opera era ospitata e che aveva gravemente minacciato la sua integritą.

Intanto – per la gioia dei molti turisti che visitano ogni giorno le Gallerie – la pala di Castelfranco, sarą tra poco visibile accanto a La tempesta e La vecchia, gli altri capolavori di Giorgione gią conservati nel museo, in una sala dotata di un microclima idoneo a preservarle e visitabile a numero programmato, proprio per non creare problemi al tasso di umiditą consentito. Qui saranno esposti anche i tabelloni con le indagini riflettografiche compiute sui dipinti, che hanno riservato molte sorprese, come il fatto che, nel caso della Pala, parti dell’opera non erano di mano di Giorgione, ma di successivi interventi di restauratori, come ad esempio per la mano di San Liberale.

L’intervento č stato condotto dai restauratori, Alfeo Michieletto e Chiara Scardellato, sotto la direzione scientifica della stessa sovrintendente al polo museale Giovanna Nepi Scirč, che vede il suo museo, prossimo ad allargarsi all’intero complesso dell’ex convento della Caritą, arricchirsi – sia pure fino a data da definirsi – di uno dei capolavori del Giorgione.

A battersi invece perché il ritorno della Pala a Castelfranco sia il pił celere possibile č il nuovo sovrintendente regionale Maria Teresa Rubin De Cervin, che ha anche trovato l’appoggio economico della Fondazione Cassamarca di Treviso per realizzare il complesso sistema di microclimatizzazione da installare nel Duomo di Castelfranco che dovrebbe permettere un giorno il ritorno del dipinto nella sua sede originaria.

Senza precise garanzie sulla presenza di un ambiente ottimale per accoglierla, all’interno della Cappella Costanzo, dove si trovava, infatti, la Pala del Giorgione non si sposterą da Venezia.

L’opera d’arte era infatti gravemente danneggiata a causa di un forte shock termico dovuto alle non corrette condizioni di conservazione al Duomo di Castelfranco, assommato all’eccezionale siccitą del passato inverno. Risolto anche il problema dei tarli, che minacciavano l’integritą strutturale del dipinto, che aveva gią alcuni, vizi originari, come la la scelta errataa da parte del Giorgione del lato su cui dipingere le assi del pioppo.

Essendo state ricavate dalla parte pił esterna del tronco, hanno la tendenza ad «imbarcarsi» e cosģ il colore cominciņ a sollevarsi in pił punti fin dall’inizio del Seicento.

Nel frattempo, dopo il restauro, Venezia ride perché si arricchisce di un’altra gemma della pittura veneta, e Castelfranco freme perché dovrą rinunciare ancora a lungo a uno dei suoi simboli.

«All’Accademia? Non se ne parla». Don Lino Cusinato non ha dubbi: «L’opera tornerą appena possibile». Parroci e politici sono d’accordo: «La cittą non puņ farne a meno». Marchetti. «Ipotesi sciagurata, intervenga la Regione» Muschietti. «Questa amministrazione si dimostra debole» di Ingrid Feltrin e Alessia De Marchi

CASTELFRANCO (La Tribuna di Treviso, 7 novembre 2002). «Smentisco categoricamente: la Pala tornerą in cittą e non verrą esposta alle Gallerie dell’Accademia di Venezia – dichiara don Lino Cusinato, parroco del Duomo – L’accordo preso con la Soprintendenza č chiaro: l’opera tornerą quando tutto sarą predisposto per accoglierla adeguatamente. Resterą a Venezia fino a quando la Cappella sarą pronta: non intendo sottoporla al rischio di rovinarsi di nuovo. Quanto all’ipotesi che, durante il tempo necessario a completare i lavori nella cappella, la Pala possa essere esposta alle Gallerie dell’Accademia č fuori da ogni possibilitą: con la Sovrintendenza non si č nemmeno mai sfiorato l’argomento». Se la Soprintendenza perseguirą l’intento di esporre la Pala, la parrocchia č gią pronta a dare battaglia alla Sovrintendenza. Pronto a scendere in guerra anche don Rino Giacomazzi, responsabile del patrimonio artistico per la Diocesi di Treviso. «Faremo tutte le verifiche del caso – spiega don Rino Giacomazzi – e ci attiveremo di conseguenza».

Di diverso avviso Angelo Miatello, presidente dell’Associazione internazionale del diritto e dell’arte. «E’ una bella notizia – esordisce Miatello – Gią immagino la Pala vicino alla Tempesta e alla Vecchia del Giorgione: una grande opportunitą per studiare insieme tre capolavori. E’ giunta che la Pala torni in cittą solo quando i castellani avranno capito che va tutelata e collocata in un luogo idoneo, ipotesi che reputo ancora lontana visto come sono impostati i lavori per la sistemazione della cappella. Quanto alla legittimitą di trattenere la Pala e di esporla credo che la Soprintendenza possa farlo visto quanto prevede la legge Veltroni, secondo la quale lo Stato ha il diritto di conservare le opere in un luogo idoneo fino a quando i privati non creino una sede adeguata a tutelarle». Il problema sta tutto nella Cappella Costanzo: nulla č stato ancora predisposto per accogliere il dipinto, gią finito di restaurare lo scorso giugno. «Per quanto riguarda il riscaldamento – si giustifica don Lino – il Comune ha gią fatto la sua parte visto che i lavori per l’allacciamento al gas sono sotto gli occhi di tutti. Resta da chiarire l’aspetto dell’impianto di riscaldamento. Secondo la Soprintendenza un riscaldamento radiante non č adatto alla Pala ma č anche vero che nell’ultimo sopralluogo fatto hanno preso atto che on si puņ fare diversamente».

Giacinto Cecchetto, direttore della biblioteca comunale, apprende la notizia con l’aria di chi si aspettava una decisione del genere dalla Soprintendenza. «Analizzando il rapporto tra l’opere e il luogo a cui era stata destinata – riflette – la Pala deve tornare a Castelfranco». «Il dipinto per sempre fuori cittą? E’ una pazzia – commenta l’ex sindaco Bruno Marchetti – Non č proprietą dello Stato ma della Parrocchia. Castelfranco non puņ e non deve perdere l’opera per cui č nota in tutto il mondo. Ci sarą pure un presidente della Regione e un consigliere regionale castellano che difendano il fatto che resti in cittą. Il soprintendente Monti fa tutto quello che vuole il sindaco Gomierato: faccia anche questo».

Dura anche la difesa di Franco Muschietti, primo cittadino dell’epoca leghista. «Per Castelfranco č una grossa perdita – attacca – Il mancato ritorno č un ulteriore indice della debolezza di questa amministrazione comunale. La Pala č un’opera mondiale e la sua partenza definitiva č una vera e propria battuta d’arresto per la cittą e per il suo turismo». Massimo il dispiacere, «ma purtroppo era un’ipotesi ventilata». «Ora – conclude Muschietti – siamo in enorme difficoltą». «E’ una situazione da scongiurare» aggiunge Aldo Valente, architetto.

IL SINDACO GOMIERATO . «Sono certa, nel 2003 la Madonna sarą qui» di Laura Grassi

CASTELFRANCO (La Tribuna di Treviso, 7 novembre 2002). «Non ci credo. Non č cosģ. Sicuramente c’č un errore, un equivoco». Maria Gomierato, sindaco di Castelfranco, non sa se ridere o piangere. Lei alla «Madonnina» di Giorgione c’č affezionata davvero: gią ha sofferto quando l’ha vista partire per il restauro veneziano, figuriamoci cosa puņ provare oggi all’idea che qualcuno la possa strappare per sempre alla sua Castelfranco. «Impossibile – ripete – Ho parlato proprio un paio di settimane fa con la dottoressa Rubain de Servain della Soprintendenza: l’ho portata in Duomo, le ho spiegato i problemi per il cambiamento dell’impianto di riscaldamento. No, non l’hanno mai messo in programma, né la dottoressa Spiazzi né la Sammodelli». Che cosa, sindaco, non č mai stato messo in programma? «Che la Madonna non torni nel luogo dov’č nata e dove č sempre stata. Cosģ si sono sempre espresse tutte le Soprintendenze, ai Beni Architettonici… ai Beni Artistici». Potrebbe rimanere all’Accademia per un tempo determinato, fino a quando non č pronta la famosa cappella? «Ecco, piuttosto. E’ possibile che resti all’Accademia fin tanto che non saranno finiti i lavori di riscaldamento e di climatizzazione. Ma il progetto č gią stato fatto. Se qualcuno avesse davvero deciso di appropriarsi della Madonna andrebbe a stravolgere anche il lavoro dei tecnici. Questo quadro, che appartiene alla parrocchia del Duomo, č, di fatto, un bene della cittą: Castelfranco č la cittą di Giorgione, e la «Madonna» la sente sua. Quando se n’č andata, chi l’ha accompagnata fino al Tir che l’ha portata a Venezia? Il parroco, il sindaco, l’assessore alla cultura». Ciņ non toglie che qualcuno la vede bene, forse meglio, a Venezia. «Un colpo di mano? Non ci sarą. Comunque verifico subito. Non possono farmi una cosa cosģ: nel 2003 la Madonna tornerą a casa».

A Castelfranco devono ancora iniziare i lavori nella cappella del Duomo che ospiterą il capolavoro di Giorgione. Pala, la lunga attesa del ritorno. Il riscaldamento? Per ora č un progetto incompleto. di Laura Grassi

(TREVISO, La Tribuna di Treviso, 8 novembre). Se Castelfranco dice: «La Madonna č nostra e nessuno ce la tocca», Venezia risponde: «Avete ragione: ma intanto sta qui, all’Accademia». Naturalmente: «Fintantoché la Pala di Giorgione non troverą un ambiente ottimale che la potrą conservare intatta nei secoli». Ovvero fino a quando il Duomo di Castelfranco, sede naturale del dipinto, non sarą dotato di un riscaldamento pił consono di quello di oggi e Cappella Costanzo climatizzata cosģ come la Sovrintendenza veneziana si aspetta.

Su questo tutti sono d’accordo. I castellani, sindaco e parrocchia (proprietaria della Pala) in testa. «La Pala di Giorgione č patrimonio di Castelfranco – dice l’assessore regionale alla cultura Ermanno Serrajotto – č un simbolo della cittą e tale deve restare. Concordo sulle necessitą che siano predisposte le condizioni ambientali ottimali per garantire la conservazione del dipinto, ipotizzare uno spostamento stabile a Venezia č da escludere».

E qui s’insinua il dubbio. Perché se fino a ieri regnava assoluta la certezza che il «progetto-ambiente» non potesse portare nessuna sorpresa, oggi non č pił cosģ. Intanto, per bocca stessa del sindaco Gomierato, non si parla ancora di progetto, quanto di «studio di valutazione delle ipotesi presentate» inviato non si sa bene quando e come alla Soprintendenza di Venezia e su cui qualcuno, non si sa bene e quando, dovrą rispondere. Addirittura la signora Gomierato parla con soddisfazione quando accenna che le «condotte per il gas sono arrivate ormai in prossimitą del Duomo», quasi che bastasse quello a confortare tutti dell’esito felice dell’operazione.

Oggi, con queste novitą veneziane, che apparentemente nulla aggiungono e nulla tolgono alle vicende della Pala, il dubbio s’insinua. Perchč i funzionari della Soprintendenza, anche quelli che sono in stretto contatto con il Comune di Castelfranco, pur confermando che non hanno mai pensato di tenersi la Pala, restano rigidissimi sul discorso «ambientale». Maria Teresa Rubin de Cervin, sovrintendente regionale, č chiarissima: «Nessuno pensa di tenersi la Madonna. Certo č che verrą restituita solo quando le condizioni saranno ottimali. E’ impensabile pensare di aver fatto un restauro di quel genere per poi riportare la Pala in un ambiente nocivo com’era fino ad un anno fa». «Stiamo lavorando proprio perché torni a casa – aggiunge – Al progetto sono stati chiamati esperti in climatizzazione dell’Istituto centrale del restauro, dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, un esperto di Milano che ha curato la climatizzazione del Cenacolo, nonché i progettisti degli impianti dell’Accademia di Venezia. La Fondazione CassaMarca č stata meravigliosa e possiamo permetterci il meglio. Di pił non posso dire, magari in primavera qualcosa di pił concreto di sarą. Le premesse sono ottime, ma č chiaro che fino a quando l’ambiente non č idoneo, la Madonna resta qui».

La soprintendente Nepi Scirč. «Nelle Gallerie per un breve periodo»

Gentile direttore, la prego di rettificare quanto č stato scritto sull’edizione di ieri del giornale. Mai ho dichiarato di voler trattenere alle Gallerie dell’Accademia la pala di Giorgione appartenente al Duomo di Castelfranco Veneto. L’affermazione sarebbe umoristica, se non avesse gią creato dell’inutile allarmismo, conferendomi dei poteri che purtroppo non ho. Come ho ben spiegato a chi mi intervistava, č stato concluso solo il risanamento del supporto ligneo ed il consolidamento della pellicola pittorica della famosa tavola (non tela!). Ora, sotto la direzione della dottoressa Annamaria Spiazzi, della dottoressa Cristian Acidini e mia si sta vagliando la possibilitą di un cauto alleggerimento delle vernici. E’ evidente che, se i tempi tecnici lo consentiranno, la pala, con le opportune cautele, verrą per un breve periodo esposta al pubblico nelle Gallerie, che in questi mesi hanno profuso volontariamente e gratuitamente un enorme impegno, anche a costo di trascurarne altri, per risarcirla.

Giovanna Nepi Scirč soprintendente della Soprintendenza speciale per il Polo museale veneziano

P.S. ( Redazione di Tribuna, 8 novembre 2002) Siamo totalmente d’accordo con la dottoressa Nepi Scirč: č talmente vero che non ha mai dichiarato di voler trattenere il quadro che queste parole non compaiono in nessuna parte dell’articolo.

(AIDANEWS) Ha fatto bene La Tribuna di Treviso sollevare un caso regionale per la salvaguardia della Pala e “punzecchiare” con domande estreme e provocatorie i vari vip di Castelfranco, se non altro gli stessi che cosa hanno fatto in trent’anni? Tante belle dichiarazioni di solidarietą (alla Pala) e alla sua “naturale” e “radicata”origine castellana. Non una parola perņ (cioč un convegno e un libro) per chi l’ha regalata alla cittą (per i profani: “la blasonata famiglia Costanzo-De Verni che adopera il vessillo dei Savoia”). Il paradossosecondo noi č che, finita la cronaca di due giorni (il tempo per confezionare l’articolone), tutto ritornerą come prima, nella quiete di una cittadina di provincia che ha visto e sta assistendo al depauperamento del proprio paesaggio e a quel pratimonio che tanto s’addice “storico-culturale” (in primis Villa e Parco Bolasco). Mai una parola di sostegno alla nostra Associazione AIDA che non ha peli sulla lingua e come molte altre istituzioni noprofit non si intimoriscono di fronteai reazionari. Andate a controllarea quale punto si trovano i lavori di sistemazione del futuro metanodotto nel castello. E poi sappiateci dire quanti mesi ci vorranno affinché ci si potrą allacciare….innesti, prove, centaline, contatori…i privati che dovranno pagarsi….le nuove caldaie…..e ditemi quanti sono i cantieri ancora aperti ? Poi ci dica Signora Sindaco, per l’impianto della Chiesa č tutto ok?E il passaggio pedonale che costeggia la torre campanaria (Torre dei Morti) si aprirą? O dovremo ricorrere ai Carabinieri?

P.S. Abbiamo notato che tra uno scavo e l’altro, l’addettto ha rotto un canaletta che raccoglie i fili elettrici che si dirigono verso la biblioteca e altri utenti (esattamente all’angolo con il Duomo). Non si č preccupato di aggiustarla. Ci ha semplicemente buttato sopra ghiaia e sabbia. Bravo imbecille. Un domani ci saranno altri danni….E nessuno del Comune di Castelfranco controlla..Ne abbiamo le scatole piene di questi lavoratori in subappalto ma anche di un Comune cieco!