Se ne è discusso in Consiglio comunale a Castelfranco Veneto, ma il fatto più curioso è stato quello di votare l’esposizione fuori del Municipio, in via Preti, della bandiera dell’ONU come richiamo ai dettami di diritto internazionale per la soluzione della crisi irakena. Passerà anche questo fatto nella storia del Belpaese come unico esempio di “ente locale che sa stare sia con i pacifisti che con le forze armate”, come del resto il suo Sindaco sa benissimo travestirsi da anni. Un travestimento politico del quaraquaqua.
a cura di Angelo Miatello
“La bandiera della pace con quella dell’Onu vanno esposte sul davanzale del Municipio perché noi siamo solidali con quanti difendono la pace ma anche con le Nazioni Unite….” questo è in sintesi quanto il Sindaco, Maria Gomierato, era riuscita a far votare lunedì 10 febbraio dalla sua maggioranza in Consiglio Comunale di Castelfranco Veneto (Treviso), dopo un’infuocato dibattito per respingere la prima proposta dei DS e Margherita che, da dicembre 2002, chiedeva invece l’esposizione della sola bandiera della pace (i colori dell’arcobaleno con la scritta PACE). Uno dei tanti pastrocchi di questa Sindaco che si arrampica sugli specchi e spesso non sa che pesce pigliare. Giustamente le è stato rimarcato a viva voce dal consigliere Pellizzari che questa scelta della “doppia bandiera è solo frutto d’ambiguità e ipocrisia per paura di farsi etichettare di sinistra”, per non voler votare la loro proposta della “sola bandiera della pace” iscritta nell’ordine del giorno. Per il consigliere Volpato invece, dopo aver contestato il modo ambiguo della maggioranza sul piano formale (un emendamento?), se di pace si tratta quale “principio assoluto” non si vede come mai il Sindaco abbia bisogno anche della bandiera dell’Onu, vessillo di un’istituzione burocratica. “E già che ci siamo” – hanno aggiunto i consiglieri Dussin e Squizzato – “mettiamo fuori anche altre bandiere, come quella della Ferrari, campione del mondo di formula 1”. Ma il Sindaco, Maria Gomierato, ben consigliato dal capogruppo di maggioranza e da quanti opportunisti le stanno attorno, ha tirato dritto e alle ore 23,18, dopo ben due ore di discussione “sulla politica internazionale casereccia” ha fatto alzare la manina ai suoi e messo a verbale una storica votazione che solo Castelfranco Veneto poteva farsi ricordare come il Comune più internazionalista d’Europa: accanto alle tre bandiere Ue, Regione Veneto e Tricolore, dovranno essere esposte sul davanzale anche quella multicolore della Pace e quella azzurrissima dell’ONU. In tutto cinque bandiere, che, sinceramente, farebbero un gran casino ai cittadini inermi che le confondono con lenzuola e tovaglie. Ma sul piano politico tutto è possibile e non c’è nulla di male che se ne discuta anche in Consiglio Comunale. Ma che si arrivi a votare la bandiera dell’ONU come “solidarietà” alle vie della pace, ci sembra azzardato e strumentale. Non è la prima volta che la Sindaco con le braghe scivola su una buccia di banana. E’ fortunata di non rompersi la spina dorsale. Il sostegno ormai è pressoché trasversale, entra nelle maglie di un’antica prima Repubblica che in queste zone ha fatto tanto arricchire palazzinari, fabbrichette inquinanti, agricoltori senza scrupoli, escavatori senza limiti, certi impiegati comunali e politici. Non che il Sindaco attuale sia un corrotto (non ne abbiamo ancora le prove), ma senz’altro sia una preda da adescare questo sì. Si va d’accordo se si hanno gli stessi costumi: due particole per settimana, tessera della DC (corrente governativa), travestimento in PPI (fino a che c’è Prodi), poi in Forza Italia (dato che in Regione e a Roma sono tutti di FI), e domani non si sa, forse pro-Casini (ndr presidente del Parlamento). Vive l’oggi proiettata nel futuro o vive il quotidiano pensando al passato? Questo è il dilemma di Castelfranco Veneto che non riesce a decollare prima ancora che arrivi il disastro annunciato. Le tappe sono già ben fissate: maggiore incremento edilizio, maggiore sviluppo ferroviario, spropositato traffico su gomma, aumento del settore terziario. Importante borgo tra la Postumia e l’Aurelia, a metà di questa strada importante. Piccoli lavori di manutenzione, qualche miglioria infrastrutturale che però costa alle casse comunali dei miliardi di vecchie lire, attività ludiche e culturali col conta gocce, una città che non sa come vendersi a livello di immagine, fuori dei paesi limitrofi. Non è il numero dei cittadini che dovrebbe far cambiare la rotta di un paesotto che non conosce la propria identità ed arranca a farsi rispettare dall’avanzare anarcoide e scellerato di vandali, inquinatori, ladri, operatrici (senza permesso di lavoro e di transito) del sesso, falsari di fatture (false fatturazioni per estorcere il fisco, persino amici e suoi sostenitori). Non ci dev’essere pietà per questi, se si vuole bene ai propri cittadini che non sporcano, che pagano regolarmente le proprie tasse, che amano il proprio territorio e che reclamano una cittadina più pulita, calorosa e gioiosa. Invece qui, a Castelfranco, sembra di essere su Marte, ammesso che in quel pianeta ci siano discariche senza controlli, strade zeppe di automobilisti sporcaccioni ed inquinanti, e tanti tanti furbacchioni che cercano sempre la scorciatoia, la raccomandazione, la spintarella.
L’uso delle bandiere negli edifici pubblici è regolato dalla legge 5/2/98, numero 22, firmata da Romano Prodi (allora presidente del Consiglio, oggi in esilio a Bruxelles) e dal decreto del Presidente della Repubblica (allora on. Scalfari, oggi in pensione perpetua) 7 aprile 2000 numero 121, firmato da Massimo D’Alema (allora presidente del Consiglio, succeduto a Dini). La prima norma riferisce che “La bandiera della Repubblica e quella dell’Unione Europea vengono esposte all’esterno degli uffici pubblici” nel giorno di adunanza degli organi elettivi. La seconda norma prevede l’esposizione “sugli altri edifici sede di uffici pubblici ed istituzioni” in occasione di particolari ricorrenze. La Presidenza del Consiglio ha emesso il 4 febbraio scorso una circolare che, rispondendo al quesito di alcuni prefetti, dispone che “non possono essere esposte bandiere straniere e neppure simboli privati (esempio: insegne di partito, simboli di associazioni e organismi vari). L’esposizione di simboli privati di qualunque natura determina violazione sanzionabile, anche ai sensi degli articoli 292 e 323 del codice penale”. L’articolo 292 del codice penale persegue il “vilipendio alla bandiera” e l’articolo 323 parla di “abuso d’ufficio di un pubblico ufficiale”.
Come mai il Segretario comunale non era al corrente delle disposizioni di legge in vigore? Non ha voluto o non ha potuto? Ma la cosa più scandalosa è nella dimenticanza che il Sindaco, Maria Gomierato, ha manifestato come primo cittadino sia sul piano della sua “coerenza etica” che su quello formale. Non c’è etica perché due o tre anni ha fatto votare contro una proposta dei leghisti per l’esposizione del vessillo regionale, motivando che non c’era nessuna legge che lo autorizzava. Dunque era ben informata sul diritto vigente. Due pesi e due misure. Ieri no, oggi sì, ma con due bandiere. Un comportamento poco corretto di una persona come lei che si sente “radicata” sul territorio veneto, con sani valori culturali….storici….Sul piano formale perché non sa nemmeno di che cosa si parli a New York (ONU), Bruxelles (NATO), Roma (Farnesina). Dovrebbe sforzarsi o perlomeno chiedere lumi a qualche più esperto di lei. Ma siccome è una “testarda” e timorosa di perdere il potere conquistato con “le palle” (ndr. frase detta all’indomani della sua elezione), queste sono le conseguenze che paghiamo e che ci sconforta. Crediamo che ignori totalmente l’impianto politico-giuridico della Carta delle Nazioni Unite, di cui l’Italia fa parte solo dal 1954! E lei come il cardinale Tauran (ndr. ministro degli esteri del Vaticano) fanno confusione tra “diritto alla pace” , “crimine contro la pace” e che “la legittima difesa presuppone l’esistenza di un’aggressione armata”. Il Sindaco di Castelfranco Veneto non ha ancora capito che è a capo di un’istituzione laica, eletto dal popolo a scrutinio segreto, direttamente dipendente del Governo e non del Vaticano che è un altro Stato con proprie frontiere e leggi. Infatti, fino a prova contraria, il Prefetto è il suo “tutore”. A quest’ultimo formuliamo una domanda scritta sulla validità nel mettere al voto una bandiera, quale espressione di movimenti politici privati, con quella istituzionale dell’ONU, già in dotazione ad ogni Comune. Quello che ci preme di sapere dall’alta autorità governativa decentrata “se sia valida una votazione di un Consiglio che ha scelto disciminatamente delle bandiere per raggirare un compromesso strisciante di buone intenzioni miste a suggerimenti tattici?” E’ o non è uno sbrodolamento all’italiana che “tutto finisce a tarallucci e vino”? (cfr. Piero Ostellino)
ALLEGATI (ANNOTAZIONI RIPRESE DALLA STAMPA)
A Castelfranco, il consiglio comunale di lunedì 10 febbraio 2003 ha deliberato di esporre la bandiera della pace fuori dal municipio, ma l’arrivo della circolare di Palazzo Chigi ha indotto il sindaco, Maria Gomierato, alla prudenza: “Non voglio incorrere nel reato di vilipendio alla bandiera. Ho preferito attendere lumi dalla Prefettura, che ho cercato per tutto il giorno, prima di esporla. Il consiglio comunale lo ha deliberato, effettivamente, ma preferisco un orientamento chiaro prima di esporla dal palazzo del municipio”.
La circolare della Presidenza del Consiglio che ne vieta l’esposizione sugli edifici pubblici scatena le reazioni dei sindaci trevigiani. E’ guerra sulla bandiera della pace. Bottacin:”Adesso le farò sventolare da tutte le finestre del municipio”
Puppato: “L’arcobaleno non si tocca”, Gomierato:”Aspetteremo i chiarimenti”, Zambon:”E’ giusto, non vanno esposte”.
Guerra sull’arcobaleno in Municipio.
Il simbolo dai colori dell’arcobaleno è al centro di una polemica al calor bianco che ha percorre l’intera penisola. A scatenare il caso – involontariamente – il prefetto di Belluno, che ha chiesto alla Presidenza del Consiglio l’interpretazione autentica delle norme che regolano l’esposizione delle bandiere dalle facciate dei municipi.
E Palazzo Chigi, attraverso l’Ufficio del Cerimoniale, ha risposto martedì con un fonogramma che lascia pochi dubbi:”Sugli edifici pubblici non possono essere esposti simboli privati (es. insegne di partito, simboli di associazioni e organismi vari)”. Chi lo fa rischia di incappare nei reati di vilipendio alla bandiera e abuso d’ufficio.
Dura reazione dell’Anci nazionale, che parla di “simbolo universale” che può essere esposto in virtù dell'”autonomia normativa e regolamentare delle rispettive amministrazioni”. A guidare il coordinamento dei sindaci per la pace è Francesco Tartini, sindaco di Nervesa e avvocato:”Fino a quando vedrò ministri, sottosegretari e rappresentanti delle istituzioni col fazzoletto verde padano sul taschino non mi preoccupo per niente – spiega Tartini – la bandiera resterà sulla facciata del municipio. Questa disposizione aumenta il divario tra le istituzioni e il paese reale, siamo purtroppo al patetico, a un governo che si preoccupa delle bandiere fuori dei municipi invece che lavorare per la pace. Sabato alla manifestazione per la pace a Roma ci sarò”.
Differenziata la posizione del sindaco FI di Conegliano, Floriano Zambon: “Sono dell’opinione che la facciata del municipio vada salvaguardata da simboli, per quanto condivisibili e universali, diversi da quelli previsti dalla legge. E’ una questione di buon senso. Personalmente, poi, guardo con molta simpatia al movimento per la pace, io stesso ho acquistato cinque bandiere arcobaleno. E l’ho anche fatta mettere nella sala dei gruppi consiliari. Ma se ci viene chiesto di mettere la bandiera contro la fame del mondo cosa facciamo, riempiamo la facciata del municipio di mille bandiere, ripeto, tutte condivisibili? No, la facciata del palazzo di tutti i cittadini resta con i simboli della Regione, della Repubblica e dell’Europa”.
Per l’assessore regionale Ermanno Serrajotto: “Vanno tolte anche dalle scuole”
Ermanno Serrajotto, trevigiano assessore regionale alla Cultura, aveva sollevato il tema della bandiera della pace in tempi non sospetti, molto prima della polemica sollevata in questi giorni dalla circolare di Palazzo Chigi.
“La circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione all’esposizione di bandiere non istituzionali su edifici pubblici – spiega Serrajotto, che aderisce alla Lega Nord – conferma quanto il buon senso aveva fatto capire circa l’inopportunità di esporre la bandiera della pace sulle scuole, visto anche che quegli stessi valori si ritrovano tutti nelle bandiere istituzionali”.
“Personalmente – aggiunge l’assessore regionale – mi riferivo all’esposizione della bandiera della pace negli edifici scolastici e ho chiesto che, per la delicatezza di chi vive nel mondo della scuola, si tengano fuori gli alunni e i giovani studenti da simboli legittimi ma che rischiano di mettere a rischio l’unitarietà dei simboli regionali, nazionali ed europei. Questa circolare è addirittura più severa di ciò che penso io, perché prefigura reati penali molto gravi. Io penso che saranno sanzioni inapplicabili. Ma tendenzialmente sarei contrario anche alle prese di posizione dei consigli comunali su questo tema: è un argomento così importante e dove è facile che gli enti locali si facciano prendere da sentimenti emozionali. Le decisioni su questo tema le prendono i governi del mondo e le Nazioni Unite”. L’assessore Serrajotto conclude ribadendo “l’invito ai dirigenti scolastici a non esporre la bandiera della pace all’esterno delle scuole”, auspicando tuttavia “iniziative di discussione, ricerca e confronto seriamente portate avanti nelle scuole del Veneto”.
“Bandiere ai balconi, isteria pseudo pacifista”. Lettera aperta ai cittadini del capogruppo regionale emiliano di Forza Italia. “Destabilizzano l’Italia”.
L’ “isteria pseudo pacifista collettiva”, seguendo la quale si appendono le bandiere della pace dai balconi, non è altro che “una spregiudicata campagna propagandistica che ha come obiettivo la destabilizzazione interna e la delegittimazione nazionale dell’Italia. Altro che pace”. Non usa mezzi termini il capogruppo regionale di Forza Italia, Luigi Villani, in una lettera aperta ai cittadini scritta a nome di tutto il gruppo forzista in consiglio regionale. “I leader del movimento pseudo pacifista – afferma Villani – strumentalizzano la buona fede della gente con slogan falsi e ingannevoli, e si dimostrano così i peggiori nemici della pace”. Infatti, il loro fine è “riunire, sotto un drappo multicolore, le anime disgregate e disomogenee della sinistra, mettendo in piedi un’armata mossa dagli ormai datati ideali di anti-americanismo, anti-liberismo e anti-occidentalismo, contro un governo legittimamente eletto e una politica estera che ha restituito all’Italia una dignità internazionale”.
Nel “condannare fermamente” questa “strumentalizzazione irresponsabile” delle bandiere della pace, Villani si scaglia contro la “decisione di alcune amministrazioni di appendere l’arcobaleno nelle strutture istituzionali, nonostante vi siano norme, emanate dai governi dell’Ulivo, che lo vietino”.
Polemica sull’esposizione negli edifici pubblici delle bandiere arcobaleno della pace. Per il governo è “vilipendio al tricolore”, da una nota diramata 18 febbraio 2003. Colta un po’ di sorpresa da questa circolare di Palazzo Chigi, la Prefettura trevigiana sta cercando di venire a capo, pur accorgendosi di non essere stata tempestivamente sveglia.
Cresce nel frattempo la polemica sull’esposizione negli edifici pubblici delle bandiere arcobaleno della pace, che dal centrodestra vengono considerate “manifestazioni contro la politica del governo”.
Emilia Romagna – Gli amministratori locali (centro sinistra) hanno deciso di esporre la bandiera della pace dai rispettivi municipi suscitando le proteste del centrodestra, dopo le indicazioni del governo secondo cui sugli edifici pubblici di Regioni e altri enti locali possono essere esposte soltanto le bandiere nazionale ed europea e, in aggiunta, quella ufficiale dell’ente, se no si configura il reato di vilipendio della bandiera.
Toscana – “Solo il magistrato può dire se si configura o no un reato: io potevo solo scrivere, con la cortesia che si conviene a istituzioni che collaborano quotidianamente, al sindaco di Firenze, al presidente della Regione e della Provincia, pregandoli di rimuovere quel drappo”. Lo ha detto il prefetto di Firenze, Achille Serra. Il prefetto ha anche detto che, da parte delle forze dell’ordine, sono state fatte “segnalazioni all’autorità giudiziaria che, però, non sono affatto qualificazioni di reato”. Le forze dell’ordine – ha precisato – “hanno solo riferito quello che hanno visto e non hanno denunciato nessuno”.
Lombardia – Nessuna bandiera della pace sventolerà sul palazzo della regione Lombardia. Il presidente della regione, Roberto Formigoni, lo ha detto a margine di una conferenza stampa. La presidenza del Consiglio regionale ha imposto di togliere le bandiere che erano state appese alle finestre della sede del Consiglio regionale.
Roma – La bandiera della pace da martedì sventola al Campidoglio, sede del Comune di Roma, “senza sostituirne nessuna”, precisa il sindaco Walter Veltroni (12 febbraio 2003).
Castelfranco 20 febbraio, Si attende l’autorizzazione da Roma, che poi dovrebbe comunicarla a Treviso, per vedere esposta la bandiera della pace dal balcone del Municipio di Castelfranco. L’ultima seduta del Consiglio comunale, dopo un’infuocata discussione, era arrivata a deliberare l’esposizione del vessillo iridato unitamente alla bandiera dell’ONU, così come proposto dalla maggioranza di “Vivere Castelfranco”.
Nonostante siano trascorsi diversi giorni da quel voto, ci si sarà accorti che nessuna bandiera è sventolata finora dal palazzo municipale. Giusto il giorno seguente alla scelta del Consiglio castellano è infatti rimbalzata su tutti i giornali la notizia di una ordinanza emessa dal Ministero degli Interni, in cui si faceva divieto di esporre la bandiera della pace all’esterno dei palazzi pubblici. E se qualche sindaco ha scelto di ritirare lo stendardo già esposto, Castelfranco ha deciso di congelare ogni decisione. “Ho telefonato prima, e poi scritto formalmente al Prefetto di Treviso, così come hanno fatto molti altri sindaci della provincia – spiega in proposito Maria Gomierato – per sapere a quali disposizioni ci dobbiamo attenere, facendo presente anche che a giorni, una volta pubblicata, diverrà attuativa la deliberazione dell’ultimo Consiglio comunale”.
Il vessillo arcobaleno creerebbe identità e partecipazione, “Bandiera della pace più popolare del tricolore”. Lo sostengono i principali pubblicitari italiani, intervistati dal settimanale Vita. Dolce Gabbana, il noto stilista controcorrente, ha presentato una collezione di te-shirt con minigonna che riproduce sul petto “la bandiera della pace”.
Roma – Bandiere della pace più popolari del tricolore. Parola dei principali pubblicitari italiani, intervistati dal settimanale Vita che da domani regalerà il celebre vessillo ai propri lettori. Il periodico ha realizzato uno studio, intervistando 50 fra i maggiori pubblicitari italiani, sulle ragioni del successo della bandiera arcobaleno. Unanime il risultato: la bandiera della pace crea identità, veicola un messaggio ed è bipartisan.
No ad uso improprio – Insomma, no alla bandiera arcobaleno durante le prossime sfilate della moda (29 per cento), in certe trasmissioni televisive (22 per cento) e in tutte quelle campagne pubblicitarie che non abbiano un messaggio no profit (19 per cento). Ma non solo: il 13 per cento pubblicitari boccia anche la bandiera della pace nelle curve degli stadi italiani, dove sarebbe decisamente fuori posto, perdendo tutto il suo significato e la sua popolarità.
Simboli di tutti – “Oggi – spiega Saro Trovato, presidente di Meta Comunicazione – il pericolo della guerra sembra aver fatto diventare la bandiera della pace più popolare del Tricolore”. “Il desiderio di partecipazione e di identificazione” è, per un pubblicitario su quattro (26 per cento), il principale motivo della straordinaria popolarità della bandiera arcobaleno, mentre il 20 per cento punta l’attenzione sul fatto che è il messaggio che veicola, la voglia di pace, il no alla guerra, a renderla così attraente in questo momento storico. Il 18 per cento degli intervistati punta invece sulle sue caratteristiche estetiche: sono i colori luminosi e sgargianti a dare appeal al nuovo stendardo. Ma non è tutto: c’è chi è convinto che quella della bandiera al balcone sia solo frutto di una moda passeggera (15 per cento), chi ritiene che le ragioni del suo successo siano nel suo essere sostanzialmente bipartisan (12 per cento) e chi, invece, trova il segreto del suo successo nella sua semplicità e nel fatto che piace ai bambini (6 per cento). Sette pubblicitari su dieci (66 per cento) si dicono convinti che la bandiera arcobaleno potrebbe aumentare l’efficacia dei messaggi promozionali perché, grazie ai valori che esprime, crea immediatamente un feeling con il grande pubblico (31 per cento) e, data la sua visibilità, renderebbe riconoscibile ogni campagna. Ma, attenzione, alle strumentalizzazioni, avvertono gli esperti: sono da evitare tutte quelle situazioni che possono portare un danno d’immagine alla bandiera della pace e ciò che rappresenta. (20 febbraio 2003, Corriere.it)
“Siamo tre milioni contro la guerra” (15 febbraio 2003)
Interrogazione di Stiffoni: “Illegali le bandiere dell’arcobaleno sui municipi”
Spuntano appese alle finestre con i colori dell’arcobaleno, ma se sono appese agli edifici pubblici sono in violazione di una legge. Le bandiere della pace, ogni giorno più numerose a Treviso, diventano così oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata dal senatore leghista Piergiorgio Stiffoni al ministero dell’Interno. Il parlamentare del Carroccio, eletto nel collegio Veneto 4 (Treviso-Castelfranco), vuole sapere dal governo quali iniziative verranno prese nei confronti di quegli amministratori locali che hanno autorizzato l’esposizione della bandiera della pace in occasione della giornata di mobilitazione di due domeniche fa. Stiffoni nella sua interrogazione ricorda che è vietata “negli edifici pubblici l’esposizione di bandiere che non siano della repubblica italiana e dell’Ue e che solo nelle sedi degli enti locali possono esserci vessilli dell’ente, ma senza figure, scritte o lettere”.
Castelfranco Veneto, 24 febbraio 2003.
Gentile Piero Ostellino,
come lettore trentennale del Corriere lei potrà capire benissimo che la mia formazione culturale e mentale è frutto soprattutto dal modo in cui il giornale riesce ad iniettarmi costantemente fiale di ricostituenti “liberali e democratici”. La seguo nei ragionamenti, ne condivido le idee, talvolta le professo in pubblico. Il 6 febbraio scorso la maggioranza del Consiglio comunale di Castelfranco Veneto ha respinto una proposta della sinistra (DS e Margherita) per l’esposizione della bandiera della pace sul balcone del Municipio, motivandolo troppo di parte. Ma ha votato una propria controproposta (non è stato chiaro se fosse un emendamento) che si esponga “la bandiera della pace accanto a quella dell’ONU, in quanto l’organizzazione sia la sola investita del ruolo di evitare il conflitto armato”. Secondo Lei è valida una votazione di questo genere? La bandiera dell’ONU può essere votata da un consiglio comunale essendo per se stessa “istituzionale” e in dotazione ad ogni comune italiano? Una bandiera della pace, espressione di movimenti privati come quelli che sostengono la Ferrari o la Juve, può essere innalzata al rango di bandiere istituzionali quali il vessillo tricolore, Ue, Regione? A mio parere è una prova dello sbrodolamento culturale che viene fatto in Italia ogni volta che ci si debba occupare di politica internazionale o di grandi temi sociali anche a livello locale. Il ricorso a manifestazioni “pacifiste” con bandiere da tre euro in su, “di disobbedienti con spray e bastoni” spesso con l’assegno sociale o familiare in tasca, con la Chiesa romana che si avvale dei canali di comunicazione dello stato italiano per fare la propria “pubblicità promozionale pacifista”, si arriva alla fine alla situazione di Castelfranco Veneto di non scontentare nessuno. Il Sindaco, Maria Gomierato, proviene dalle file dei democristiani (Prodi-Marini, comunione una volta alla settimana ma con pelliccia di visone, collana di corallo ed orologio d’oro Cartier, un attico, una casa colonica e una villa con il marito industriale) è già stata vice sindaco con comunisti e bertinottiani per due anni ed ora cerca di farsi strada in una futura forza italia bipartisan. Un pastrocchio all’italiana che perdura da decenni o semplicemente un caso castellano? Angelo Miatello
Caro Miatello, Il Consiglio ha votato per l’esposizione della bandiera dell’Onu, non per la bandiera. Esporla o no è una scelta politica. Ciò detto, concordo con lei che in Italia tutto finisce a tarallucci e vino. Ostellino
—–Messaggio originale—– Da: angelo miatello Inviato: lunedi 24 febbraio 2003 9.09 A: [email protected] Oggetto: bandiera della pace
NOSTRE BREVI CONCLUSIONI PER IL SINDACO MARIA GOMIERATO E I SUOI SOSTENITORI TRASVERSALI
1. La Carta delle Nazioni Unite recita che “i membri dell’Organizzazione sì astengono, nelle loro relazioni internazionali, di ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza…” (art. 2.4), ma che ogni membro nell’esercizio del proprio diritto di legittima difesa (cioè ricorso anche alla forza) può “agire in ogni momento nella maniera che egli giudichi necessaria per matenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali” (art. 51. in fine) e che “queste misure di diritto naturale di legittima difesa, individuale o collettivo, siano immediatamente portate alla conoscenza del Consiglio di Sicurezza”.
2. Il Patto Atlantico, di cui l’Italia fa parte, prescrive il principio di solidarietà collettiva nel caso in cui un membro si sentisse minacciato.
3. L’Italia ha sottoscritto i trattati di Pace nel 1947 in cui si prescrive il divieto assoluto e perenne di “fabbricare, sperimentare, usare armi di distruzione di massa” ed un disarmo unilaterale. Questi limiti provengono per aver partecipato a fianco di Hitler alla Seconda Guerra mondiale.
4. Contrariamente a quanto predica l’utopia pacifista, l’alternativa alla guerra all’Iraq non è la pace, ma la politica. La pace non è un valore assoluto, bensì relativo (tutti i dittatori del mondo hanno impiegato la parola “pace” a sproposito, Napoleone, Mussolini, Hitler, Karadzic…e lo stesso Saddam Hussein a modo suo vorrebbe che il mondo si piegasse alle sue fanfaroniche interpretazioni del diritto internazionale). La pace è un valore squisitamente relativo che per le democrazie liberali non sono le stesse dei dittatori.
5. La pace è il difficile equilibrio fra divergenti e antagonistiche idee di convivenza e di sicurezza presenti in quello “stato di natura” che sono le relazioni internazionali. La guerra è la tragica conseguenza della rottura di quell’equilibrio e un modo unilaterale e violento di realizzarne uno nuovo (P. Ostellino).
6. Il diritto internazionale prevede nel suo impianto politico-giuridico il ricorso alla forza qualora uno Stato si senta minacciato della propria sicurezza.
7. E questo può avvenire attraverso la “diplomazia armata” come viene espressa dagli Stati Uniti, feriti nel proprio orgoglio di superpotenza dall’11 settembre, e della Gran Bretagna. E’ la diplomazia dei legittimi interessi nazionali della Francia in Medio Oriente e delle sue aspirazioni alla leadership in Europa. Ma è anche la diplomazia dell’Italia, che identifica altrettanto legittimamente nella lealtà atlantica e in una diversa “idea dell’Europa” i propri interessi nazionali. E’ la diplomazia della Russia e della Cina, che rivendicano un ruolo nella composizione delle crisi internazionali attraverso il proprio diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. (P. Ostellino)
8. Sono strumentali e miserabili le accuse mosse da una certa opposizione rivolte al governo di essere guerrafondaio. Sono demenziali le azioni dei pacifisti “disobbedienti che bloccano i treni o li manomettono” che pensano di “contrapporsi alle diplomazie degli Stati” con la “diplomazia dei popoli”, scendendo con bandiere carnevalesche e balli rock. Sono dubbie le prese di posizione della Chiesa romana …”solo una volta l’anno”, quando si sa che il pianeta è sommerso di armi di distruzione di massa e mai poi mai il papa ha scomunicato un capo di stato produttore di tali armi. Tutto lascia pensare che il fine è un altro: sgomitare per farsi un po’ di pubblicità in tempo di monopoli mediatici. [email protected]