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Anno 2013: salvarosa comune autonomo e fulcro della castellana. Castelfranco? solo per passeggiate domenicali e serali

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Riportiamo le ventuno righe che La Tribuna di Treviso ci ha “gentilmente concesso” (che strappo!) nella pagina locale di tanta cronaca nera sul tema ormai ripetuto della “delocalizzazione” di un centro storico iniziato appena dodici anni fa verso la più “prospera e trafficante” di una certa comunità di Salvarosa. E’ a Salvarosa che abita qualche “concusso” (ex vice sindaco) per essersi prestato alle bustarelle e di altri che sono stati di recente pizzicati dalla polizia finanziaria per fatturazioni false legate a sponsorizzazioni sportive (gonfiate) o a dichiarazioni fasulle (immobiliaristi). Una frazione di appena duemila abitanti che si sta trasformando in una vera piccola città senza confronti in tutto il Veneto. Le piazze di Salvarosa sono appunto “piazza Serenissima” e “piazza Europa Unita”, esempi del più alto tasso di spreco di marmo e cemento. Piazze senza piantumazione, piazze spoglie. Fanno orrore i quattro angoli di “morari” (gelsi) sistemati sulla infinita piazza marmorea del GST (Grandi Servizi Territoriali) che dovrebbero “ricordare le coltivazioni del baco da seta”, molto diffuse in quasi tutto il Veneto fino agli anni cinquanta/sessanta. Non sappiamo comunque come i prossimi cittadini di Salvarosa, cioè quelli che occuperanno i nuovi insediamenti residenziali (condomini, case a schiera, palazzine), si sentiranno coinvolti nella salvaguardia del patrimonio, nella storia patria di questa città e più in generale della Repubblica Serenissima. Si presume, come è già successo altrove, che la massa sarà “hamburgherizzata” con la televisione e la Chiesa. La televisione uniformerà i costumi e i consumi, la Chiesa le anime. “Preghiamo il Signore affinché diminuisca lo spettro della guerra” (il Parroco in Chiesa), “Preghiamo Allah affinché ci dia la forza a combattere e a distruggere i crociati” (Usa e Europa)” (dall’altra parte l’Imam nella Moschea). Di fronte a tali radicali differenze vi è comunque un nesso: al supermercato e allo stadio si va tutti. Ci rendiamo conto che le nostre osservazioni sono piuttosto frutto di sensazione epidermica, abitando in centro ed osservando dalla nostra finestra di piazza Giorgione. Quando corriamo in bicicletta lungo Borgo Treviso e ci troviamo imbottigliati o stretti tra due file di auto impazzite, con mozziconi di piste ciclabili, con quel muro bislenco di tre metri del parco storico di Villa Revedin Bolasco, con le auto sopra i marciapiedi, con il parcheggio di via Cimarosa dove si notano “ruberie di arbusti, piante e profili”, allora ci viene alta la bile. Chi comanda a Castelfranco Veneto? Il Sindaco attuale è migliore dei precedenti? E i suoi assessori che fanno? Sono tutti “troppo occupati per le proprie faccende domestiche”? E’ una questione di oculatezza o di furberia, il chiudere un occhio? Più si gira in bicicletta è più si annotano strane coincidenze.

PISCINE IN GST «Così si svuota il centro città»

Castelfranco, La Tribuna, 20 giugno 2003. «Nel 2013 Castelfranco Veneto sarà a Salvarosa». Ironizza così il presidente dell’associazione Aida sulla scelta dell’amministrazione di traferire le piscine in zona Gst. Per Angelo Miatello: «Salvarosa sarà comune autonomo e Castelfranco di fatto diverrà sua frazione per il passatempo domenicale e serale». Piazza Serenissima, piazza Europa Unita, viale Europa e via dei Carpani diventeranno la Castelfranco 2. Miatello riflette sulla delocalizzazione. «Sono favorevole al nuovo centro natatorio ma sono anche dell’avviso che sia importante lasciare questo già esistente per chi abita a Castelfranco. Da Salvarosa alla stazione ferroviaria ci vogliono venti minuti, dati gli ingorghi di borgo Treviso e la sistemazione nel parcheggio di via Cimarosa. E’ vero che vicino alle piscine mancano posteggi ma è altrettanto vero che si può valutare di trovare delle soluzioni e che, nella grandi città, i parcheggi non sono necessariamente sotto la porta di casa». (Stefania Miotto, La Tribuna, 20 giugno 2003)

Si vedano altri nostri articoli in “Dossier” scritti il 22-23 maggio 2003:

Anno 2013: Salvarosa comune autonomo e fulcro della Castellana (Prima parte)

Anno 2013: Salvarosa comune autonomo della Castellana. Come sono Grandi Questi Democristiani (Seconda parte)

ANNO 2013: SALVAROSA COMUNE AUTONOMO E FULCRO DELLA CASTELLANA (Prima parte).

COME SONO “GRANDI QUESTI DEMOCRISTIANI” (GQD) (Seconda parte)

Prima Parte

“Per quanto riguarda invece il nuovo impianto natatorio in area Grandi Servizi Territoriali, le ditte interessate potranno presentare il loro progetto entro il 30 giugno. «A dire il vero – conclude l’assessore – alcuni sponsor si sono già fatti avanti con proposte”. Prendiamo spunto da questa frase che conclude un articolo di cronaca locale di Castelfranco Veneto (La Tribuna, 22 maggio 2003, vedi in calce l’intero articolo) per sottolineare alcuni paradossi forse dimenticati dall’opinione pubblica. Essendo ormai quasi impossibile arrestare un processo di sviluppo voluto e determinato con la forza lobbista d’interessi intrecciati. Per invertire questa tendenza bisognerebbe non andare più da Monsignore e chiedergli consiglio ed espatriare per qualche anno in città moderne come è successo a molti di noi non nati a Castelfranco per portare quella linfa di “funzionalità e non sperpero; recupero dei valori e non “effimero patriottismo”; salvaguardia del patrimonio e non degrado. In altre parole, una Castelfranco che sappia condurre la Castellana o non farsi condurre di qua e di là come un cane al guinzaglio. Le sue ricchezze storico-artistiche sono ancora ben marcate: cinta muraria, ville e palazzi storici, un parco con laghetto e cavallerizza, opere d’arte di inestimabile valore, patria di artisti, letterati, matematici e intellettuali di vario genere.

La città è stata delineata negli anni settanta, con il mega ospedale di tredici piani, di cui la metà abbandonati, una struttura modulare per anziani (prolungamento di geriatria?), una grande area sportiva con un palazzetto polivalente da tremila posti e locali adibiti a negozi, uffici e sale a ridosso del centro storico, una piscina coperta e scoperta, e accentuata con uno sviluppo edilizio contenente un’area “per servizi territoriali”, un mega store, centinaia di altre strutture commerciali e di rappresentanza. Oggi, a sentire quanto ribadisce il Sindaco e uno o due assessori, la Castelfranco del XXI secolo si può dire sulla linea d’arrivo.

Si delocalizza tutto dal centro: uffici municipali, negozi, uffici giudiziari, erariali, postali, …e persino la piscina (vedi articolo de La Tribuna di stamane, firmato dalla brava S. Miotto).

Solita risposta: in centro costa troppo il metro quadro e molti immobili sono di carattere storico con l’impedimento di poterli demolire o “fare qualsivoglia uso”. La colpa appartiene allo Stato che continua a tassare e non incentiva il recupero dei centri storici. L’agricoltura ha il fiato corto, la terra meglio lottizzarla e dividerne i proventi. L’ICI è la linfa dei Comuni.

La politica dello sviluppo edilizio ha però una matrice: gli eredi degli ex contadini di Salvarosa sono riusciti a fare lobby all’interno del Municipio, con o senza il partito della “Balena bianca”. In altre parole quando questo era latitante ci pensavano gli impiegati e i dirigenti a trovare la soluzione adatta. Una soluzione per ogni stagione con un patrimonio immobiliare e fondiario così esteso da rendere Castelfranco il più “ricco comune della Castellana”. Poi, poco conta se per tre quarti di quest’immensa ricchezza non ci sia un’effettiva razionalità nell’usarlo ricavandone un giusto profitto per una saggia gestione da ”buon padre di famiglia”. Oggi notiamo con chiarezza i loro passati intenti e capacità decisionali che hanno determinato il depauperamento di uno dei Comuni medievali e storici più belli del Veneto ed uno spreco di metri cubi, ettari e aree che inorridisce alla vista. Gli ultimi tre sindaci (più tre commissari prefettizi) si sono limitati a prenderne atto dello sviluppo “imposto”, cercando di mescolare le carte con buoni propositi del “faremo” e del “non preoccupatevi che andrà meglio”. In dieci anni – dal 1992 al 2002 – Castelfranco ha avuto un aumento di cubatura forse il più elevato di tutto il Nord Est ma con un depauperamento di siti storici e di campagna circostante. Non bastasse, il nuovo Prg decollato con Muschietti e in dirittura d’arrivo con la “maglia rosa Maria Gomierato” contiene per l’ennesima volta un aumento d’aree artigianali, industriali e residenziali pari al suo 35 per cento di sviluppo per i prossimi 10/15 anni. Anzi secondo gli illuminati urbanisti, calati da Mestre-Venezia, prevedono una Castelfranco rigogliosa con un incremento di popolazione da 33.000 abitanti a circa 45.000 abitanti (se la natalità è molto bassa chi saranno i nuovi residenti?). Poco importa se questi dati sono solo teorici e usati come “strategia politica economica” per far lievitare la corsa al mattone (quasi tutti i membri della maggioranza consigliare hanno un bene da rivalutare nel tempo). E poco importa se in questa calda primavera 2003 il Sindaco Gomierato sia costretta a solidarizzare con gruppi di operai per la chiusura imminente di questa o quell’altra fabbrica. Gridando: “dobbiamo preoccuparci della delocalizzazione all’est”, “l’economia locale comincia a risentirne”,…”oddio, dobbiamo fermarli…”.

In particolare, non c’è zona nell’intero territorio della Castellana (indotto di circa 70.000 abitanti più 50.000 di altre province) che abbia avuto un “successo” edilizio come la frazione Salvarosa: la più alta concentrazione di spazi commerciali per la gran distribuzione (Iper Giardini del Sole, Ca’ d’Oro, Mercatone, Hobby, ecc.), di discoteche, bouling, di concessionarie d’automobili, di locali adibiti a servizi amministrativi “delocalizzati”, contabili, legali, associazioni di categoria, territoriali, “magazzini” con vendita al minuto, “filari” di condomini che crescono ogni due anni, strutture alberghiere, di ristorazione e di fast food, sportelli bancari e finanziari, brevi tratti di strade a doppie corsie comprese le doppie piste pedo-ciclabili (frequenza bassissima di ciclisti e pedoni), sottopassi, una pseudo circonvallazione trafficata da migliaia di automezzi giornalieri, 24 ore su 24, ma che taglia totalmente tre frazioni “polmone” (San Floriano, Salvatronda e Salvarosa), arteria provinciale sprovvista di centralina per la rilevazione dell’inquinamento atmosferico, di corsia d’emergenza e di marciapiede per i frontalieri (sulla stessa arteria ci sono concessionarie, distributori, supermercati, case, uffici, ristoranti e luoghi per il piacere ed incroci che portano alle varie frazioni di Castelfranco). Possibile che non ci sia una “piccola soluzione” di sotto passo ad ogni incrocio supertrafficato? Possibile che bisognerà aspettare ancora dieci anni per la costruzione di “grandi svincoli ecc. ecc.”? Possibile che lo sviluppo economico così ben massiccio non dia all’erario comunale, regionale e statale quel piccolissimo capitale per costruire anche un sottopasso ed una pista ciclabile che renda la vita più sicura agli abitanti di: Poisolo, Villarazzo, Bella Venezia, San Floriano, Salvatronda, Salvarosa…Non è un paradosso che a tanta ricchezza privata ci sia tanta miseria comunale? Gli interessi speculativi di piccole lobby hanno commesso un hold up ai danni dell’interesse generale: impatto ambientale, ecocompatibilità, qualità della vita. Su una arteria che è provinciale ma che in definitiva è come un’autostrada per automezzi con carichi speciali e pesanti e migliaia di padroncini, è segnata sulla mappa comunale come “Circonvallazione est”, dove i più forti hanno ragione. A lato i furbacchioni si sono ben piazzati con luccicanti esposizioni, lunghe vetrine, attraenti luoghi per l’entertainment. Un misto tra periferia di città indefinibile (New Yersey?) ed agglomerati di stile anni settanta (Bulgaria?). Una veloce trasformazione di un paesaggio che non vuole più essere dolce e scorrevole. La violenza dell’automobile si ripercuote anche sul centro storico di Castelfranco: a qualsiasi buco va infilata e a qualsiasi ora si sparge un pochino di polveri sottili. Una Castelfranco che dovrebbe essere percorsa solo a piedi, in bicicletta o con dei mezzi pubblici (mini bus per anziani), rimane una fiaba da raccontare ai bimbi al di sotto dei cinque anni. Perché già dai sei, per i più fortunati, ci sono mini motorini e mini auto a batteria o a scoppio. Recenti ricerche confermano che l’inquinamento atmosferico (di auto) e la sedentarietà provocano l’infertilità maschile. Attenti, vigili che state nel traffico e giovani che scorazzate tanto, potrebbe essere fatale per i vostri spermatozoi sempre più deboli. L’infertilità maschile è tra il 30-40 per cento.

Nel 2013, in pratica fra dieci anni, Castelfranco Veneto sarà a Salvarosa. Salvarosa sarà comune autonomo e Castelfranco di fatto diverrà “sua” frazione per il passatempo domenicale e serale. La piazza Serenissima, piazza Europa Unita, Viale Europa, via dei Carpani, in pratica al di qua della circonvallazione ovest, saranno i punti di riferimento della “grandeur” democristiana dai Sartor ai Gomierato (dalla sinistra alla destra, da De Gasperi a Berlusconi, ma sempre cattolica, populista e bigotta) vale a dire quella classe politica che ha “saputo imporre ai liberali del centro storico un sano sviluppo economico, terziario, di servizi e residenziale” per una città del futuro. Una “Castelfranco due”, come “Milano due”, con la più alta percentuale di nuovi residenti non autoctoni, però senza parchi e metropolitane che ti portano dappertutto in cinque minuti e sprovvista (guarda caso) di una Multisala “Warner Village” (con dodici sale di proiezione, hot dog, french chips, pop-corn, coca-cola, gad-get, ice-cream, pin-up e bell bottom). Come a Castelfranco con il suo indotto di centomila abitanti ha solo due sale con cinematografo che d’estate lo presta alla Pro Loco? Strana anche questa connessione, tutta castellana. Ci si avvale della Pro Loco per proiettare film americani, polpettoni a discapito della cultura e della promozione cinematografica europea. Pensate che i proprietari del cinema e quelli della Pro Loco sono dei “Grandi Questi Democristiani”, piuttosto “sinistreggianti”. Come se non bastasse, la Pro Loco si fa bella all’ultimo dell’anno, a carnevale con la fritoea d’oro e in autunno con il radicchio variegato. Ma, è tutta una promozione di automobili, motor scooter, tende da sole e come dicevamo i polpettoni americani. Il paradosso è che non ci sia un minimo di riflessione sull’uso continuato e gratuito di parco Bolasco, di un museo d’arte, di un uso più intelligente di piazza Giorgione e del Castello, e di una sensata programmazione nel prevenire gli incidenti stradali, l’uso del casco, della cintura e del sedile per i minori, e di ridurre la pirateria corazzata. Una Pro Loco troppo protesa verso un magna-magna e non verso una trasformazione ideologica della società. Se il turismo culturale non ha mai decollato a Castelfranco, una delle cause principali è proprio la politica di basso calibro della Pro Loco. Un gruppetto ristretto di “amissi”, buoni e simpaticoni fin che vuoi, ma limitati nella programmazione e nelle scelte. Sebbene qualcuno di loro si vanti di andare in vacanza a Parigi o in Toscana per qualche giorno, nessuno ha mai affrontato seriamente una strategia di lunga durata per invertire la tendenza “consumista” di feste e sagre effimere, di appuntamenti annuali che non hanno mai portato un cent al recupero conservativo di monumenti e di luoghi abbandonati. Anche loro come quelli di “arte libera”, raggiunto lo scopo, se ne fregano di tutto il circostante paesaggio. Non vedono e non sentono. Sono daltonici.

COME SONO “GRANDI QUESTI DEMOCRISTIANI” (GQD)

(Seconda parte)

Una “Castelfranco due” che si sviluppa con frenesia, affarismo e non ha tempo di riflettere sulla qualità della vita e sulle ricerca delle proprie origini. L’attrazione di servizi commerciali è sempre stata il volano per un nuovo insediamento urbano. Il problema però è di trovare delle “cerniere” per consolidare il tessuto e renderlo consapevole di essere “castellano” e non “di periferia di terzo grado”. Da Salvarosa alla Stazione FFSS ci vogliono venti minuti, dati gli ingorghi di borgo Treviso e la sistemazione nel parcheggio di via Cimarosa. L’attenzione purtroppo non è data a chi abiterà, siano essi extracomunitari o di province limitrofe, poiché le regole del commercio edilizio sono libere. Il potere d’acquisto dei castellani purtroppo non è dei migliori. Ai palazzinari, comprese le trentaquattro agenzie immobiliari, e ad altrettanti amministratori ed “occulti” intermediari, interessa il profitto, non chi ci va dentro. Ed il Comune di Castelfranco ha anche lui stesso operato in veste di speculatore edilizio, trasferendo la sua grande totalità di servizi in piazza Serenissima, anzi ha persino tenuto vuoti migliaia di metri quadri, facendoci pagare spese condominiali e di manutenzione straordinaria. Un altro paradosso della società “democristiana da De Gasperi a Berlusconi”. Un regime che cambia solo con il nome del condottiero “governativo”, ma che lascia intatta una maniera perversa di fare politica come fosse terra di nessuno (dal punto di vista amministrativo), dove l’insediamento urbano è anarchico e contro natura (si veda attorno alla circonvallazione, a Treville o a Poisolo. Un Comune che è incapace d’imporsi per l’interesse generale. I precedenti sindaci sono proprio caduti dalla sfiducia di un gruppo minoritario insidioso.

L’attuale sindachessa ha saputo invece sfruttarne doti e lacune. A braccetto con Monsignore e con certi apparati, si destreggia assai bene in Consiglio comunale. Fino ad ora, le cosiddette opposizioni si sono solo accanite su aspetti tecnici particolaristici, non volendo far politica con la base elettorale. Non ci sono più i valorosi di “Primavera civile” , di “Liga Veneta” o del “Sindaco dei Cittadini”. Non ci sono più gazebo, manifestanti, volantinaggio contro quell’assessore “impostore” o quel sindaco “fannullone”. Non ci sono più attacchi frontali e dirompenti su tutti gli argomenti come li sapevano fare la Salvataggio contro Muschietti, Bergamin contro Marchetti, Muschietti contro Marchetti, Pivotti contro Gomierato, Sartoretto e Marchetti. Oggi l’opposizione è semplicemente tecnica. Il resto è aria fritta. Forza Italia non è un partito ma un movimento che si ondeggia, che va dai battocchiani (diccì anni settanta) ai gerolimettiani (doroteisti), dai muschettiani (liberalisti) ai gomieratiani (prodiani). Sta un po’ con tutti e forse questo è il male peggiore. Lega Nord ha un deputato alla sua seconda legislatura ed un architetto. I Moderati di Sinistra hanno un ingegnere edile. I DS un professore di liceo. La Lista di Batocchio ha due cittadini sempre indecisi, che si astengono o non vanno in Consiglio. E per finire, i due di Forza Italia sono spesso e volentieri assenti per motivi famigliari o impedimenti farmaceutici. Il Comune ha superato la soglia dei 32.000 abitanti ma ha solo venti consiglieri, di cui, come abbiamo esposto, solo sedici-diciassette sono sempre presenti. Avrebbe il diritto di avere trenta consiglieri. La lotta per un parco in via Verdi e per una cittadella degli studi è l’unica fino ad ora che abbia sollevato il paradosso di una classe al potere che non sa fare i conti con il futuro-presente, arroccata a comportamenti di basso calibro. Una classe al potere che si serve di una dal “gentil sesso” per ristabilire l’ordine-disordine di un Comune spendaccione, miope e paradossale. Un Comune che crede di avere a che fare con un presepe, inserendo qua è là nuovi manufatti e statuine, con gli stessi ponticelli e le stradine tracciate con la ghiaina bianca sul muschio essiccato.

Grandi Questi Democristiani (GQD), e lo si vede dai seguenti paradossi:

1. un mega ospedale da tredici piani, di cui sei non ultimati. Da via dei Carpani sembra un grattacielo bombardato di Sarajevo. Si nota una gru gialla che è sempre lì sospesa, accanto alle terrazze. Chi paga il suo noleggio? La Regione Veneto o la ditta appaltatrice “napoletana” delle pulizie?

2. Un palazzo dello sport, modello demodé anni ’70, vuoto ed inagibile, ma con negozi e uffici funzionanti. La casa dello sport è stata edificata con soldi del Comune su suolo della parrocchia di San Liberale. Un misto tra Stato e Chiesa, tra chi fa la comunione e chi bestemmia. Un vero compromesso all’italiana, dove paradiso e inferno sono stati eliminati.

3. Una piscina, coperta e scoperta, con annessi campi gioco e di atletica competitiva per tutte le età, con costi di manutenzione esorbitanti. Perché non rifarla a nuovo? No, meglio chiuderla e farci sopra delle palazzinedi lusso. Proprio lì vicino, il sindaco si è comperato un super attico.

4. Tre quarti di immobili storici (o con cent’anni di vita) degradati dentro il Castello, lungo le bastie e non lontano da Piazza Giorgione.

5. Strutture scolastiche così-così, immobili che andrebbero rasi al suolo e rifatti con criteri da “Europa Unita” (istituti tecnici, Liceo, scuole medie ed elementari…). Castelfranco ha 10.000 studenti, sparpagliati in varie zone.

6. Inesistente parco giochi per giovanissimi, tipo quello che esiste a Riese o attorno alle mura di Treviso. Il 90 per cento di spazi che il Comune di Castelfranco mette a disposizione ai giovanissimi ha un’attrezzatura ludica fuori legge. E’ tutto sottinteso, se il tuo bimbo si fa male potevi “evitarlo”.

7. Via Cimarosa, un mega parcheggio orizzontale scomodo per arrivare ai treni, a volte se ti sbagli sembra di essere in un labirinto (controllare per credere). Perché non aver progettato un parcheggio modulare accanto all’entrata della stazione ferroviaria, con annessi spazi commerciali e amministrativi? Controllare la piantumazione e i profili, manca qualcosa nell’inventario.

8. Andirivieni di camion pericolosi dai depositi ferroviari della Luccato lungo via Cesare Battisti e borgo Treviso, pieno centro con il più alto tasso di frequentazione scolastica.

9. Mega aree del Comune adibite a deposito di materiali, automezzi e quant’altro che non sono più usati da decenni. Andate a fare un sopralluogo dallo stadio al Muson dei sassi, lungo la ferrovia. E poi ditemi se il Comune non è sprecone.

10. Ex Foro Boario, un cimitero di capannoni, porticati, recinzioni, roulotte di zingari,…un bar murato (di recente il Comune ha chiuso il contenzioso con l’esercente, rimettendoci sessanta milioni di vecchie lire), una struttura commerciale fatiscente, un panorama di “pasolini memoria”.

11. Strutture industriali ancora funzionanti con apparati inquinanti vicino il centro, mai bonificate (scarichi a rischio, tetti e coperture d’amianto, rumorosità, polveri e acidi).

12. Centinaia di ruderi, cartellonistica selvaggia, segnaletica bulgara (imprecisa e fuori norma), strade con buche, marciapiedi e piste ciclabili che spariscono nel nulla, fossati luridi, fognature inesistenti, inutili “dissuasori” (il Comune è uno sprecone), barriere da ripristinare, sono il puzzle del territorio castellano per un raggio di un chilometro dal Duomo di Santa Maria Assunta, che di domenica riesce ad attirare più di diecimila fedeli. Dunque una società che si attiene ancora alla salvezza dell’anima attraverso la “penitenza da sera a mattina”. Importante è esserci e che ci noti. Ma le preghiere possono essere per le vittime di famiglia: 67 per cento incidenti stradali, 31 per cento incidenti sul lavoro (comprese le malattie cancerogene), 1 per cento morte naturale, 1 per cento varie.

13. Un parco storico di stile “italiano, inglese, austriaco” con piante secolari e inedite, divenuto un bosco di edere e rampicanti. Arricchito di cavallerizza (tre o quattro in tutta Italia), barchesse, piccionaia, serra liberty, e volendo con una imponente villa di fine secolo XIX , tutto stile veneziano. La villa è in lento ma graduale degrado, a due passi dalla Torre Civica e frontale alla Stazione ferroviaria che, fra tre anni, i Signori della Regione Veneto e le Autorità Castellana – monsignore, sindaco e maresciallo – inaugureranno il TGF, specie di metropolitana di superficie, con migliaia di pendolari che andranno a Padova e a Venezia. Perché non ripensare questo enorme spazio (centomila metri cubi) architettonico per l’insediamento di tutti servizi comunali? I locali sono spaziosi e ben illuminati. L’aria di villa dovrebbe alzare la qualità di chi vi abiterà. Altro che delocalizzare il centro a Salvarosa, la più grande buffonata e truffa del secolo.

14. Sartor ha preferito espropriare ai Revedin Bolasco metà parco per la costruzione del mega ospedale di tredici piani e della futura “Casa per Anziani”, che infastidire i suoi “amici” proprietari dei terreni lungo la via dei Carpani. Non importa se il nosocomio è stato spostato più a nord e così per la “Casa per Anziani”. Il “demo-proletario-partigiano” Sartor, cui sono stati dedicati sala della biblioteca, piazza, casa di riposo, borsa di studio, ecc. ecc., è reo d’aver raso al suolo un sito monasteriale del ‘500 (ora giardino e bocce della “Casa per Anziani”), deturpato uno dei più bei parchi storici del Veneto con la conseguente perdita totale della fiducia dei conti. L’erede si è riscattata donando il prezioso e vasto bene immobile all’Università patavina. Oggi ne paghiamo le conseguenze. Uno dei tanti ecomostri abbandonati. Castelfranco si distingue anche per questo. Il Sartor, a titolo di cronaca, si è persino reso complice di traffici d’armi (bombe anti carro e quant’altro) difettose che hanno provocato un caso diplomatico non di poca importanza. Gli esperti assicurano che le mazzette siano state impiegate nella costruzione della “Casa per Anziani”. Oggi si chiamerebbe “riciclaggio di denaro sporco”, punibile con la prigione e la cancellazione temporanea dalle liste elettorali. E’ il gran paradosso democristiano di Castelfranco, ci dispiace renderlo pubblico ma è così. Tra le righe basta leggere alcuni articoli della stampa di quegli anni (guerra Egitto-Israele), di parte degli atti parlamentari ed infine uno studio di Posocco-Pozzobon per la Banca Popolare (1999, pag. 9, “La città perdeva così un altro monumento dei Frati Minori Cappuccini Francescani, ragguardevole a giudicare dalle immagini del chiostro e dai disegni che lo rappresentano”).

15. La cinta muraria, simbolo di ingegneria militare veneziana (uno stesso modello più grande lo troviamo a Cipro e da Cipro arrivarono in vicolo del Paradiso verso il 1500 i Costanzo e i De Verni, committenti di Giorgione, al seguito della regina spodestata Caterina Cornaro Lusignan), che per lo storico Prof. Palmieri è un “castrum romano della stessa dimensione di quella di Padova”, cade a pezzi. La Torre civica sta guastando il tetto di immobili attigui, quella campanaria potrebbe un giorno crollare addosso alla cupola del Duomo, altri torrioni presentano evidenti cadute di mattoni. Nuovi palazzinari hanno avuto l’ok dal Comune per restaurare o costruire ulteriori immobili all’interno della cinta muraria, senza una preventiva campagna di scavo per conoscere la vera storia di Castelfranco quale “insediamento paleoveneto(?) romano (?) O come raccontano quelli del Palio che “è sorta per volontà dei Trevisani…” nel 1098 ? Un altro paradosso di Castelfranco: non esiste un obbligo amministrativo di procedere preventivamente ad un monitoraggio archeologico da parte di chi costruisce ed il Comune si è ben guardato nell’affrontare una campagna “di sistematici scavi stratigrafici in particolare sull’aggere su cui poggiano le mura e all’interno dell’area da questo racchiusa” (prof. Palmieri, Aidanews, 1998, p. 53).

16. Marciapiedi (borgo Treviso, vicolo Cappuccini, via Bastia vecchia, via San Giacomo Apostolo, via Cesare Battisti, via Melchiori, vicolo Montebelluna…, vicolo del Cristo…), piazze e piazzette (Giorgione, Europa Unita, piazzetta Guidolin, dell’ex Pescheria,…), luoghi storici (cortile del Conservatorio, cortile del Teatro Accademico, cortile dell’ex Tribunale, cortiletto della Pieve…) adibiti esclusivamente a parcheggio gratuito diurno o notturno, a seconda di ha …le chiavi.

17. Una servitù comunale ostruita da un cancello ordinato dal parroco ma pagato dal Comune, e dall’altra parte da un capanno abusivo (accanto alla torre dei morti che è del Comune). Allora il capanno è del Comune (sic). Il centro storico blindato, senza un naturale accesso alle poste di via Roma, nonostante l’arch. M. Brusatin abbia progettato “il ponte dei vivi” (costo: 55.000 milioni di vecchie lire). Ricordiamo che il ponticello è un esempio di designer creativo superiore alle porcherie miliardarie progettate dall’arch. Scattolin.Avete notato i lampioni nuovi? Una schifezza di stile e di luce. Saranno coperti dalle chiome dei platani. Imbecillità progettuale che però viene pagata salata dal contribuente. Come mai in Comune “non si sono ricordati dei due prototipi progettati da Carlo Scarpa e Manlio Brusatin del ’68-’69”?Capisco che nel ’69la Signorina Maria Gomierato aveva altro da pensare, ma nel Palazzo c’è ancora qualche veterano…che l’avrebbepotuta illuminare tre anni fa.

18. Un altro paradosso castellano: una caldaia a gasolio installata negli anni settanta dentro il Duomo del XVIII secolo, a ridosso della parete su cui era appesa la Pala di Giorgione (1498-1500). Guarda caso la centrale termica del Duomo serve per chiesetta del Cristo, Scuola dell’Infanzia, dimora delle Suore e naturalmente la Canonica. Perché non hanno (chiesa e comune) sistemato l’enorme caldaia sul giardino della canonica? L’installazione avrebbe perso il suo “naturale” scopo pubblicistico? Strani questi castellani. Il prete se può è peggio di un privato, te lo mette nel c. Oggi abbiamo visto “fiorire” nuove costruzioni attorno alla canonica tutta restaurata a puntino. Dunque non si capisce come mai la grande caldaia debba ancora essere sistemata sotto terra, accanto al Duomo, e in un passaggio pubblico che viene ostruito volontariamente per “paura di ladri e drogati” (cf. direttore della Biblioteca, 2001). Non siamo nemmeno certi che Scuola dell’Infanzia, Dimora delle Suore, Canonica ed altre pertinenze siano un giorno con un proprio riscaldamento autonomo, come ormai è per tutti noi cittadini.

19. E sempre rimanendo sullo stesso tema, visto che c’è di mezzo il futuro della Pala di Giorgione, emblema storico-artistico di Castelfranco, non si capisce perché ci si intestardisce per due modelli di riscaldamento, ambedue costosissimi e poco affidabili per la salute. Ma siccome, l’architetto di turno pensa ai volumi e non ai sederi e ai piedi tutto finirà con la solita sprecona scelta (soldi del Comune e di una Fondazione privata) che fra vent’anni bisognerà trovare un’altra soluzione e perlomeno separare la chiesa dal comune, il solito compromesso storico che a Castelfranco ormai è ben rodato.

20. Il caso del restauro della Pala di Giorgione ha conosciuto una lunga battaglia fatta di schermaglie, denunce e tristi comportamenti reazionari. Circa dieci anni per convincere parroco e sindaco che andava portata in un laboratorio specializzato, studiata e collocata in un climabox per garantirne l’uso sia mistico sia culturale. Quando ritornerà, non si sa. Ma non si sa nemmeno se la Cappella Costanzo potrà ancora custodirla. Ai tempi di Pivotti e Muschietti c’era persino una chiara intenzione politica nel collocare il prezioso dipinto in Casa Giorgione. I parrocchiani, metà del consiglio pastorale anche in consiglio comunale, hanno fatto di tutto perché ciò non avvenisse. La vittoria è sotto gli occhi di tutti: la Pala resta dov’è….vale a dire a Venezia.

21. La biblioteca per bambini è solo contenitore di libri perché i tavoli e le sedie sono per adolescenti e adulti. Il Comune non dispone di qualche centinaio di euro per una mobilia adeguata alla taglia dell’utente. Non esistono nemmeno programmi frequenti per incoraggiare i più piccoli e le mamme alla lettura. Una vera miseria per una città d’arte di cultura. Il paradosso forse è dovuto al grado scolastico della maggioranza che ci governa (studi elementari, istituti professionali, diploma di maestra).

22. Un immobile in via dell’Abaco con caminone del XV secolo, adibito ad archivio di documenti rari, Corte delle Belle Donne (antica casa del piacere) totalmente caduta a pezzi, locali del Comune in via San Giacomo con stupendi affreschi “giorgioneschi”(?), usati come autorimessa e deposito di cianfrusaglie, sono un piccolissimo inventario del degrado voluto dai “Grandi Questi Democristiani”. Che differenza c’è tra il “demo-proletario-partigiano” e la “demo-borghese-populista”? Per noi sono tutti ambedue “cattivi” nei confronti dell’arte e della storia.

23. Lungo il fossato delle mura (“Musonello”), abbiamo visto finalmente una strategia bellica anti “surmolotto” (ratti delle chiaviche), ma lungo l’Avenale o il Muson che passano a due passi dal centro storico, vi rimangono schiere indisturbate di questi grossi ratti battaglieri e robusti. Non solo lungo le rive, impestate di immondizie, ma soprattutto all’interno di immobili abbandonati e degradati (Corte delle Belle Donne, ex poste, Villa Bolasco, immobili di privati lungo la via F.M. Preti, vicoletto della Chiesa, via Bastia Vecchia, via San Giacomo Apostolo, vicolo Cappuccini, via dell’Ospedale, via Monte Grappa…., nei vari piani superiori dell’Ospedale, attorno a centinaia di mucchi di robacce (calcestruzzo, ferrivecchi, materassi, imballaggi), lasciati dalle imprese appaltatrici su spazi dell’Ospedale, della Casa per Anziani…, lungo la Ferrovia. La derattizzazione per il momento è solo attorno alle fosse, visto che il nuovo marciapiede ci è costato più di due miliardi di vecchie lire. Avete letto bene: il marciapiede non l’alveo e le rive impestate di ratti, zanzare tigre ed agenti inquinati di vecchia data. Un altro paradosso …d’igiene pubblica. Il fossato qund’è in secca, ci riferiscono i turisti stranieri di passaggio che alloggiano negli “hotel 4 stelle” (Albergo Al Moretto, Hotel alla Torre, Hotel Fior, Albergo Roma), è puzzolente e fa ancora più schifo con il marciapiede in marmo bianco. Il letto del fossato andava ripulito, ricoperto di ciottolato (non cioccolato), gli argini ripristinati con palafitta intrecciata (non pali da porto Marghera), ripulito per benino il parapetto di Piazza Giorgione e di via XXIX aprile, un make-up alle muse (statuaria)e ai due-tre ponti con gli stemmi del Comune. Non averlo fatto èl’etichetta di un Comune spendaccione ma sempre miserabile e degradato.

24. La Casa del Mutilato, un obbrobrio di calcestruzzo e mattoni a faccia vista con inferriate e finestre rettangolari, un effimero bunker per le vittime di guerra. Il Sindaco Gomierato, spinta dall’eccesso patriottismo “partigianesco elettorale”, l’ha voluto comperare per ben 850 milioni di vecchie lire. Un regaluccio per i mutilati ma un dispetto all’architettura medievale, già vilipesa con altrettante brutture (parte nuova dell’hotel alla Torre, marciapiede attorno al fossato, muretti, lampioni). L’immobile è “in temporaneo comodato d’uso al circolo di arte libera”, appunto perché è poco funzionale e brutto. Solo gli “artisti” castellani potevano innamorarsi. Un altro paradosso …d’impegno artistico. Mai visto o sentito artisti che protestino apertamente contro il degrado di Castelfranco. Una volta raggiunto il loro scopo (sede a costo zero per fare i propri comodi), tutto il resto non li riguarda, perché evitano qualsiasi scontro politico. I voti li sanno in ogni caso a chi darli..

25. Un centro storico – quello del Castello – che forse si accingerà nel 2004 ad avere come tutti i castellani “di fuori mura” l’allacciamento del metanodotto. I residenti del castello, per fortuna non tanti, sono rimasti a gasolio inquinante. Ma grazie alla miopia dei “Grandi Questi Democristiani”, si è “ingrassata” a dismisura quella minuscola parte di società proprietaria di campi che non voleva più essere “contadina”. Dopo due o tre passaggi i loro terreni sono divenuti ad uso commerciale intensivo. Qualcuno è stato fortunato e baciato dalla sorte – da operaio o impiegatuccio comunale è divenuto ricco industriale o palazzinaro, da uomo della strada si è ritrovato sui banchi di Montecitorio, Palazzo Madama, Palazzo Ferro-Fini (con pensioni da nababbi), da insegnate o negoziante è stato promosso sindaco, vice presidente di questa o quella emerita fondazione – ma anche qualcuno ha conosciuto la prigione o il rischio di finirvi dentro per concussione, abusi amministrativi, corruzione, delitto internazionale,… se non ci fosse stata la “santa” prescrizione o la sfacciata fortuna di “carteggi spariti nel nulla”. Luci e ombre sui “Grandi Questi Democristiani” (GQD) rimarranno a futura memoria per lo storico del villaggio di fine secolo XXI. (In questa Rivista, 22-23 maggio 2003)