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“Osterie e dintorni a Venezia” nuova guida di Michela Scibilia

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Nelle librerie la seconda edizione di “Osterie e dintorni” di Michela Scibilia. Il libretto ha una grafica molto elegante – come del resto è consuetudine della Vianello Libri di Ponzano- con un apparato fotografico di Marc Smith, Daniele Resini e della stessa Scibilia che completano la descrizione dell’ambiente e dei personaggi. E’ una mappa utile per avere un’idea globale del mondo variegato dell’enogastronomia veneziana.

Mangiar e bere bene a Venezia e dintorni (isole e un po’ di terraferma) senza dover incorrere in cattive sorprese (conto salato, servizio discreto, cucina convenzionale) è un’impresa assai impegnativa. Di solito, le guide che si trovano sugli scaffali delle librerie sono spesso frutto di scelte dovute ad un limitato budget editorialeo addirittura limitatissime per l’offerta di servizi pubblici proposti. Alcune di queste si autodileggiano per l’autonomia redazionale e la selezionatissima gamma di locali (tipo Michelin, Gambero, o altre), o sono sprovviste di altre utili informazioni per rendere piacevole una sosta nella città più bella al mondo, che anche per gli stessi veneziani di terraferma è sconosciuta. La seconda edizione di “Osterie e dintorni” di Michela Scibilia, edizioni Vianello Libri, ha il pregio perlomeno di tracciare una mappa assai completa del mondo variegato dell’enogastronomia veneziana, mettendo in risalto – quella che è ormai l’odierna tendenza – le immagini dei cuochi e degli osti, che a volte hanno saputo restaurare un vecchio magazzino e mantenerne lo spirito dell’antico bàcaro o impreziosito il loro ristorante con una cucina straordinaria. Nella guida di Michela Scibilia vi sono 130 luoghi consigliati per il bere e il mangiare, dove si può cenare anche dopo le 11 di sera, dove si ascolta buona musica e in quali si può arrivare in barca, ma anche dove gustare un “cicheto e bere un’ombra senza farsi avvelenare o spennare al momento del conto”. I locali della guida sono appena un centinaio, con prezzi molto variabili: da € 16,00 euro delle osterie economiche (da Sergio, La Frasca, i Canottieri), a € 130 dell’Harry’s Bar di Arrigo Cipriani. In mezzo ci stanno i ristoranti segnati in tutte le guide gastronomiche, ma anche luoghi e personaggi della Venezia di ogni giorno. Ecco allora i lussuosi Quadri, Monaco, Florian e da Fiore, i classici Fiaschetteria toscana, Corte Sconta, Locanda Cipriani e Harry’s Dolci alla Giudecca. I locali musicali come il Paradiso perduto, le nuove aperture che puntano alla qualità come Rioba, il Vecio Fritoin di calle della Regina e il Bancogiro, i superclassici come Alla Madonna di Rialto, o quelli delle isole come Nane, Memo e Celeste a Pellestrina, da Romano e al Gato Nero a Burano, i locali dell’entroterra come Dall’Amelia, Mariano e al Calice a Mestre. Un ventaglio d’informazioni su orari, caratteristiche e numeri di telefono, ma soprattutto – quello che conta al cliente – indicazioni precise, riassunte negli indici “per costo e per caratteristica”, e nel glossario finale che spiega ai foresti il significato degli incomprensibili termini che indicano pesci, cicheti e manicaretti. Il libretto ha una grafica molto elegante – come del resto è consuetudine della Vianello Libri – con un apparato fotografico di Marc Smith, Daniele Resini e della stessa Scibilia che completano la descrizione dell’ambiente e dei personaggi. La guida – come ne precisa l’autrice – è dedicata “a chi nascerà a Venezia, non è pubblicità per nessuno, e non ha avuto sponsor. Le scelte e i giudizi sono del tutto autonomi, elaborati con l’ausilio di una ventina di accompagnatori e consulenti”. ([email protected])

Il “Conviviale 2002” di Vanni de Conti, tascabile utile per chi viaggia nel Triveneto.

Ma per avere un quadro generale dialberghi, ristoranti, locande, osterie, enoteche del Nordest, scelti in funzione alla loro notorietà e qualità pregevole, rimandiamo al nostro”Conviviale 2002″, libretto tascabile inglese-italiano facile da leggere che parla solo di enogastronomia e di ospitalità. Se “ti trovi a Bolzano, Trento, Verona, Vicenza, Padova, Rovigo, Ferrara, Bologna, Venezia, Treviso, Belluno, Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste”, come spiega l’autore e fotoreporter Vanni de Conti che da venticinque anni lavora in questo settore. Il quale aggiunge che “la gamma dei locali qui proposti (per l’esattezza 140), è variegata, come dalle mie abitudini: non solo i primi della classe, ma anche i locali per tutte le tasche, dove, qualitàe prezzo, a quel livello di locale, abbiano validità, e magari gustare un po’ di originalità perduta”.”Conviviale 2002″ di Vanni de Conti, edizioni B+M, distribuzione Triveneto Quadrifoglio Padova (solo €4,00).

Attraverso secoli di costante affinamento di una “filosofia” del gusto, i Bizantini avevano acquisito un notevole grado di civiltà della tavola sacralizzandola con veri e propri rituali. Vi era per questa antica società ma anche per molte altre – come ci è capitato di spiegare sommariamente nel nostro libro sulla “Storia della scultura delle antiche civiltà” – una vera sublimazione del rito della tavola che doveva “offuscare” l’importanza di ogni altro avvenimento della vita quotidiana. E’ storica la frase di Alessio I Commeno “Per il momento pensiamo a pranzare!”,pronunciata al momento che stava per sedere a tavola e veniva informato che Boemondo di Altavilla, sbarcato a Durazzo con le truppe, stava minacciando l’impero. E con questo aneddoto si vuole semplicemenete ricordare che in parte è anche oggi così. Nessuna preoccupazione, nessun avvenimento, può distogliere il tipico abitante delle Lagune dalla secolare pratica del garangheo (forse dal tirolese “geringel” che significa “danzare in cerchio”, dal tedesco “ring” cerchio), da quel periodico pranzetto con gli amici, quasi sempre motivato dal solo desiderio di scambiare “quattro ciacole” in santa pace. Un altro particolare importante da non sottovalutareè chela vera cucina veneziana non usa grassi, salvo che nella cottura delle “fritole” (fritelle dolci, spesso consumate durante il lungo periodo carnevalesco). Usa invece olio e burro in modo equilibrato per la preparazione dei “desfriti” (soffritti) che costituiscono la base dei condimenti. La cucina venezianainoltre risente moltissimo dell’influenza popolare, “quale unicocustode di un superbo patrimonio culturale”, da cui si tramanda la maggior parte delle ricette praticate con grande “superbia” dai migliori ristoranti della Laguna (un menu da 5 stelle, con vini e liquori compresi, si può anche aggirare attorno ai 500 euro).

Un menu tutto veneziano che consigliamo ai nostri lettori, di cui si possono servire per serate con amici. Le ricette sono tramandate da generazioni ed il vero ristorante veneziano le prepara con delizia.

Sardee in saor (sardine in salsa)

In pratica sardine con le cipolle. Piatto tipicamente marinaro (la cipolla era un rimedio contro lo scorbuto). Una variante può essere usare al posto delle sardine i sfogi o sfogieti (sogliole) o passarini (passere di mare). E’ il piatto principale nella festa del Redentore. Secondo un’antica usanza si può aggiungere alle sardine anche uva sultanina, pinoli e cannella. Ingredienti per 8 persone 1 kg di sardine 1/2 kg di cipolle(meglio un chilo) 3 cucchiai di aceto bianco farina bianca olio, sale. Si puliscono le sardine eliminando testa, pinne e interiora. Si lavano e si infarinano. Friggerle in padella con olio bollente e salare. In un’altra pentola far imbiondire le cipolle tagliate ad anelli con dell’olio d’oliva. Aggiungere l’aceto e il sale.

Bacalà mantecàto alla venessiana (stocco norvegese), ribattezzato “baccalà Monte Bianco!”

Ormai il baccalà o “stocco norvegese” da piatto povero che era, è oggi servito sovente come antipasto su crostini o su listelle di polentina abbrustolita, accanto ad un buon calice di prosecco. Nel Veneto ce ne sonodi due tipi, quello alla vicentina con acciughe, formaggio grana grattugiato, del prezzemolo, oltre all’olio d’oliva extra verginee al latte, e quello veneziano con questa ricetta consigliata dalla Confraternita del Bacalà. Ingredienti per 4 persone: 1 kg. di stocco norvegese già ammollato, latte, olio d’oliva, sale e pepe. Si pulisce lo stocco norvegese, avendo estrema cura nell’eliminare pelle e lische. Battetelo bene a lungo, in modo da renderlo morbido, e ridurlo in scaglie (ma non in briciole). Versatelo quindi in un tegame, dove già avrete fatto scaldare un po’ di latte, quanto basta a coprirlo. Fate cuocere a fuoco molto lento, fino a che il latte non venga assorbito, mescolando bene con un cucchiaio di legno. A questo punto bagnate lo stocco norvegese con dell’olio, sempre continuando a nescolare bene. Continuate a mescolare, aggiungendo latte e olio alternati, fino ad ottenere un composito molto cremoso. Aggiustate quindi di sale e pepe, e continuate a mescolare. Servite la crema ottenuta acompagnandola a crostini o polenta gialla abbrustolita. A piacere aggiungere uno o due spicchi di aglio o del prezzemolo tritato fine.

Go in brodo, ovvero i pesciolini della laguna in brodo con crostini alla salsetta rosa.

Nel dialetto veneziano “i gò” sono i ghiozzi, cioè dei pesciolini con la testa grossa e gli occhioni sporgenti, facili da pescare nella laguna. Si sa che, in epoca ormai remota, il brodetto con i “gò” era cucinato direttamente in barca dai pescatori che usavano l’acqua del mare. Se i “gò” sono piccoli si possono fare anche fritti. Ingredienti per 4 persone: 700 g di “gò”, spesso sulle bancarelle dei mercati rionali (S. Barnaba, Rialto, Canaregio, Castello) ;1 bicchiere d’olio d’oliva extra vergine; 2 spicchi d’aglio; 1 bicchiere di aceto bianco e di vino verduzzo mescolati; sale, pepe . Pulire bene i pesciolini, avendo cura di togliere la testa e le interiora. In una pentola far scaldare l’olio, aggiungere l’aglio e toglierlo una volta che si sia indorato. Adagiare i go ben allineati. Salare, pepare ed aggiungere l’aceto bianco e il vino verduzzo mescolati e tanta acqua quanto basta per ricoprirli. Lasciare sbollire per quasi una mezz’ora. Servire il brodo ottenuto con fette di polenta bianca abbrustolita oppure con crostini di pane adagiati sul fondo del piatto con uno strato di saletta rosa. Per chi ama un gusto forte, aggiungere anche un cucchiaio di parmigiano grattugiato. Lasciarle sul fuoco basso fino a quando si sia formata una specie di morbida salsa. In una pirofila di vetro fare uno strato di sardine e uno di cipolle, uno di sardine e uno di cipolle e continuare fino a coprire tutto con le cipolle. Lasciare riposare il tutto per almeno tre giorni.

Risi e bisi (risi e piselli), il piatto del Doge per la festa di San Marco del 25 aprile.

Elio Zorzi (1928), ne descriveva entusiasticamente la preparazione che costituiva secondo lo scrittore il “vanto di ogni buona massaia e la base classica del desinare di ogni onesta famiglia nelle stagioni nelle quali gli orti dell’estuario danno i piselli freschi”. Per i Veneziani era persino considerata questa minestra come una “irrinunciabile patente di civiltà”.Tanto che questo antico piatto della Serenissima Repubblica di Venezia veniva tradizionalmente offerto ogni anno al Doge il 25 aprile nella ricorrenza del patrono S. Marco. Ingredienti per 4 persone: 250 g di piselli teneri e dolci; 250 g di riso vialone nano; 60 g di burro; 50 g di pancetta; 1 cipolla piccola; 1 ciuffo di prezzemolo, sale, pepe e parmiggiano. Soffriggere cipolla e pancetta con mezza porzione di burro nella casseruola dove si cucinerà il riso. Aggiungere il riso e mescolare aggiungendo ogni tanto un po’ di brodo fino alla cottura completa. Alla fine si potrà aggiungere il trito di prezzemolo. Spegnere il fuoco, aggiungere sale e pepe, l’altra metà del burro, il parmigiano grattugiato. Mescolare bene, lasciare riposare un paio di minuti e servire

Risi e late (indicato per la sera)

Una volta il delicato piatto veniva spesso servito alla sera ai propri bambini o agli anziani. La preparazione è semplicissima. Ingredienti per 4 persone: 1 litro e mezzo di latte fresco intero Soligo ; 300 gr di riso violone nano della Pianura Padana; un pizzico di sale e di zucchero. In una pentola mettere metà del latte. Appena comincia a scaldarsi aggiungere il riso e mescolare. Dopo circa 10 minuti aggiungere il resto del latte, precedentemente scaldato, e il pizzico di sale con lo zucchero. Il riso non deve risultare asciutto ma un po’ fluido. Eventualmente si può aggiungere del parmigiano grattugiato. Esiste anche la versione dolce di questa minestra, aggiungendo solo dello zucchero.

Bìgoi in salsa, ovvero gli spaghetti con le acciughe

La ricetta originale prevede pasta fatta in casa (magari del tipo “bigoi neri de Bassan”) ma si possono usare tranquillamente gli spaghetti classici, anche integrali. Ingredienti per 4 persone: 3 etti di pasta ;1 bicchiere di olio d’oliva; 4 acciughe sotto sale; 1 cipolla; del pepe macinato. Pulire le acciughe lavandole ben bene togliendo il più possibile le squame. Tagliare la cipolla a fettine sottili. In un pentolino far rosolare la cipolla e le acciughe con olio ben caldo. Volendo si potrà aggiungere del vino bianco. Abbassare il fuoco e coprire la pentola facendo in modo d’ottenere una salsa ben amalgamata. Unire gli spaghetti alla salsa. Non bisogna mettere il parmigiano. Al posto della cipolla si può usare un pesto d’aglio. La variante è ebrea e non a caso visto che c’è chi sostiene che i bìgoi in salsa li hanno inventati proprio loro.

Pasta e fasiòi, zuppa con la tiracca trevigiana e fagioli

La pasta e fasiòi è un piatto tipicamente veneto. L’uso del fagiolo, e di tutti i suoi derivati è iniziato con la scoperta dell’America, come del resto il mais, il pomodoro, la melanzana e tanti altri prodotti agricoli. Come pasta si può usare la classica “tiracca trevigiana” (le “signorine”), i ditalini o i risi. Questa minestra non andrebbe servita calda ma tiepida. A molti piace anche fredda d’estate. Ingredienti per 4 persone: 300 g di fagioli freschi Lamon; 200 g di pasta (vedi sopra) ;100 g di cotiche ;1 grossa cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano, un pomodoro tritato; 1 spicchio d’aglio ;1 ciuffo di prezzemolo ;un po’ di olio d’oliva extra vergine, sale, pepe, parmigiano reggiano grattugiato. Tritare le verdure e rosolatele con l’olio d’oliva extra vergine in una pentola per minestre. Aggiungere i fagioli Lamon e due litri e mezzo di acqua fredda con le cotiche. Lasciare bollire per due ore e mezza. Salare e pepare. Potrà succedere che ci vorrà un po’ di tempo in più perché i fagioli sono duretti. Fare attenzione che il contenuto non debordi. Calmare il fuoco. Togliere le cotiche o, a chi piace, lasciarle tagliandole a listarelle sottili. Togliere una parte dei fagioli e metterli a parte. Il rimanente macinarli. Rimettere i fagioli interi nella pentola e riportare ad ebollizione. Aggiungere la pasta e, quando è cotta, è tutto pronto. Le pietanze sono servite non troppo calde, spargendosi sopra qualche cucchiaino di olio d’oliva crudo, una o due foglie di basilico, del pepe macinato e il parmigiano reggiano grattugiato.

Castraùre, piccoli carciofi di prima fioritura dell’isola di Sant’Erasmo

Le castraùre sono i carciofi di prima fioritura che vengono tolti dalla pianta che ne ha fatti troppi e sono caratteristici dell’isola di S.Erasmo, ancora una piccola oasi agreste. Ingredienti per 4 persone: 16 castraùre; 2 spicchi d’aglio; 2 cipolle; 50 g di pancetta; dell’olio di semi d’arachidi per la cottura, dell’altro extra vergine d’oliva crudo, sale e pepe. Tagliare a metà le castraùre dopo aver eliminato le foglie più grosse e le punte spinose, lavarle sotto il rubinetto (controllare che non ci siano insetti all’interno). In una padella abbastanza alta, far soffriggere in un filo d’olio di semi d’arachidi le cipolle tritate, l’aglio e la pancetta ed aggiungere le castraùre mescolandole delicatamente. Aggiungere sale, pepe, un filo d’acqua, e, per chi ama un sapore più intenso, un bicchiere di vino bianco verduzzo. Cuocere per circa 10 minuti a pentola coperta. Mettere il tutto in forno caldo a 200 gradi per altri 10 minuti per rendere le castraùre croccanti.

Carpaccio dell’Harry’s Bar

Carpaccio, un piatto inventato per la rigorosa dieta della contessa. Siamo all’Harry’s Bar. La storia narra che verso la fine degli anni ’40 un colonnello della fanteria statuniyense fece richiesta di una pietanza di carne che non fosse cotta per la sua la amata principessa veneziana Renata, essendo lei in rigorosa dieta. Il buon Giovanni Cipriani allora pensò di offrire del filetto crudo di manzo aromatizzato con della salsa. Infatti si legge nel libro “il mio Harry’s Bar” di Arrigo Cipriani: “alla contessa Amalia Nani Mocenigo i medici avevano ordinato una dieta strettissima. Non poteva mangiare carne cotta e così, per accontentarla, pensai di affettare un filetto molto sottile. La carne da sola era un po’ insipida; ma c’era una salsa molto semplice, che chiamo universale per la sua adattabilità a carne e pesce. Ne misi una spruzzatina sul filetto e, in onore al pittore di cui quell’anno (1963 ndr) a Venezia si faceva un gran parlare per via della mostra e anche perché il colore del piatto ricordava certi rossi dell’artista, lo chiamai “carpaccio”. Ingredienti per 4 persone: 300 g di filetto crudo di manzo; 1 tazza di maionese; 4 cucchiai di passata di pomodoro fresco; 1 cucchiaio di senape.2 cucchiai di salsa Worcester; 5 cucchiai di panna da cucina. Dopo aver tagliato il filetto a fettine sottili, potete disporre la salsa come più vi aggrada. Ma c’è lo preferisce al naturale con olio d’oliva extra vergine dei colli trevigiani, sale, pepe, limone di Sorrento e scaglie di grana padano vicentino di 12 mesi.

Figà àea venessiana (fegato alla veneziana)

Ingredienti per 4 persone: 500 di fegato di vitello; grosse cipolle bianche ; 30 g di burro; mezzo bicchiere d’olio d’oliva ; sale, pepe. Tagliare il fegato a fette sottili dopo averlo privato della pellicina che lo ricopre. Tagliare la cipolla ad anelli sottili. In una padella scaldare l’olio e il burro, aggiungere la cipolla senza che frigga a pentola coperta e a fuoco basso mescolando di tanto in tanto. Dopo una quindicina di minuti chiudere il fuoco e lasciar riposare un po’. Aggiungere il fegato e riaccendere il fuoco questa volta alzando la fiamma e cuocere per 4 o 5 minuti. Spegnere e salate. Volendo si può aggiungere a fine cottura del vino bianco secco o brodo o latte e un pò di prezzemolo. Accompagnare con polenta.

Zabaione

E’ un dessert a base di uova e zucchero, molto amato dai veneziani che spesso usano intingervi dei biscotti. Si sa che nella tradizione popolare era offerto allo sposo novello per garanzia di successo per la sua prima notte di matrimonio. Lo zabaione deriva forse da una densa bevanda proveniente dalle coste veneziane della ex Jugoslavia chiamata “zabaja”. Ingredienti per 6 persone: 8 tuorli d’uovo ; 12 cucchiai di zucchero ; 3 dl di marsala d’uovo ; 2 pizzichi di cannella. In una pentola battere con un mestolo di legno i tuorli e lo zucchero, ottenendo così una spuma gialla, aggiungere il marsala e la cannella, avendo cura di mescolare bene. Scaldare a fuoco molto basso mescolando nello stesso senso finché il composto comincia ad alzare, si deve però stare ben attenti a non farlo bollire, altrimenti “impazzirebbe”. Servire caldo o tiepido o freddo, a seconda dei gusti. Essendo un dessert fresco la sua conservazione è molto limitata nel tempo.

Essi buranéi e le spumilie, come usare le uova per due dolci diversi

Gli essi buranéi sono dei biscotti a forma di esse, ma si fanno anche a forma di “O” e allora vengono chiamati bussolai. Sono la specialità dell’isola dei merlettti di Burano. Sono quasi sempre serviti alla fine di ogni pasto, in casa di amici o parenti o in qualsiasi ristorante del posto. Sono deliziosi e delicati. Per 1 kg di biscotti ci vogliono: mezzo chilo di fior di farina; 300 g di zucchero Eridania; 150 g di burro di Vipiteno; 6 tuorli d’uovo di fattoria; 2 bustine di vaniglina ; il succo di un limone di Sorrento; un goccio di vermouth; un pizzico di sale. In una terrina unire il burro, tenuto a temperatura ambiente, con lo zucchero e, mescolando bene, aggiungere un uovo alla volta. Aggiungere poi la vaniglina, il limone, il vermouth e il pizzico di sale (accertarsi che sia ben tritato). Per ultimo unire la farina un po’ alla volta. Prendere l’ottenuto e continuare ad impastarlo con le mani. Tagliarlo a listine sottili lunghe una decina di centimetri e lavorale fino a che diventano dei grissini e formarne la caratteristica esse o a forma di ciambellina o di coronetta. Infornare a 180° per 20 minuti circa. Gli essi buranéi possono venir consumati da soli come comuni biscotti per la colazione o come dolcetti accompagnati con vino dolce e liquoroso, il Vin Santo Trentino, il Ramadolo…..

Cosa fare con gli albumi avanzati? Le spumilie!

Ingredienti per 6 persone: 6 albumi d’uova ; 300 g di zucchero vanigliato; burro e farina per la piastra da forno. Montare a neve gli albumi con frusta manuale o elettrica e incorporarvi lo zucchero vanigliato, facendolo cadere da un setaccio e mescolando dolcemente dal basso verso l’alto perché gli albumi non smontino. Imburrare la piastra da forno e spolverizzarla leggermente di farina. Fare i classici mucchietti aiutandovi con un cucchiaio. Il tutto in forno a 100° con portiera semiaperta per circa un’ora. Togliere dal forno e lasciare raffreddare.

Baicoli, ovvero i “cefali di farina”

I baìcoli sono dei biscottini leggermente dolci e croccanti chiamati così da un pasticcere veneziano del ‘700 per la forma che ricordano, prima di essere tagliati a biscotto, le larve del cefalo (per analogia di forma). La preparazione è abbastanza lunga ma una volta fatti si conservano anche per mesi. Li potete, comunque, trovare anche in negozio. Possono essere accompagnati col caffè, zabaione, vino aromatizzato o con cioccolata calda con cannella e noce moscata come si faceva all’epoca. Ingredienti per 6 persone: 400 g di fior di farina; 70 g di burro; 60 g di zucchero; 15 g di lievito di birra ; 1 albume d’uovo ; 1 bicchiere e mezzo di latte;mezzo cucchiaino di sale. In un mezzo bicchiere di latte tiepido sbriciolare e sciogliere il lievito, fare il classico mucchietto di farina (100 g) e versare al centro il latte. Impastare e lasciare riposare per mezz’ora a lievitare. Montare a neve l’albume. A parte mescolare il resto della farina con lo zucchero e il pizzico di sale, fare il buco al centro e inserire la palla di pasta lievitata, l’albume d’uovo e il burro a temperatura ambiente. Impastare per una decina di minuti aggiungendo, se necessario, del latte tiepido. Ottenere, dividendo l’impasto in 4, dei filoncini di 8-10 cm di diametro e disporli in una piastra di cottura e lasciarli lievitare per un paio d’ore con sopra un canovaccio. Forno a 180° e inserire i filoncini per 10-15 minuti fino alla loro doratura. Toglierli dal forno così come stanno e ricoprirli con il canovaccio e lasciare riposare per un paio di giorni. Affettarli di traverso come fossero salami facendoli assumere la loro forma caratteristica. Forno a 180° e inserire i baìcoli per circa 10 minuti osservando continuamente la cottura.

Pincia

Dolce povero fatto con mollica di pane avanzato. Quella che viene descritta è la ricetta originale, se volete potete aggiungere un bicchierino di grappa di Bassano abbastanza amabile, pinoli e frutta candita, pezzi di mela…Ingredienti per 4 persone : 300 g di mollica di pane vecchio senza la crosta (attenzione che non sia ammuffito); 6 dl di latte ; 100 g di fior di farina ; 30 g di burro ; 100 di zucchero; 100 g di uva sultanina ; 2 uova ; un pizzico di sale ; semi di finocchio. Ammorbidire l’uvetta in acqua tiepida e sbattere le uova (tuorli e albumi). Tagliare il pane a pezzetti, metterlo in una terrina, versarvi il latte e lasciar ammollare per almeno mezz’ora. Aggiungere piano, piano la farina, lo zucchero, il burro a temperatura ambiente, l’uvetta, le uova sbattute, il pizzico di sale e amalgamare il tutto. Imburrate e cospargete di pan grattato una tortiera a bordi alti, versarvi il composto e spargere in superficie i semi di finocchio. Cuocete a 180° (forno già caldo) per quasi un’ora. Lasciate la raffreddare nello stampo, poi sformatela e servitela.