Come recita l’iscrizione sotto l’altare, la cappella fu dedicata da Mazzeo di Giovanni Mazzei «a Dio e agli angeli, con animo grato», forse per la nomina senatoria che aveva ottenuto in quello stesso anno 1637. La decorazione della cappella fu concepita quindi in onore di Dio e degli angeli, e venne affidata a Jacopo Vignali, per i dipinti su tela, e ad Angelo Michele Colonna, per le parti ad affresco.Il Colonna, che in quegli anni aveva lavorato insieme a Pietro da Cortona in Palazzo Pitti per conto del granduca Ferdinando II, affrescò nella volta la Trinità in gloria, oltre una balaustrata circolare vista in scorcio: è dalla Santissima Trinità, infatti, che tutto dipende e procede, anche l’operare degli angeli.
Questi, nella fede cattolica, sono i ministri fedeli di cui Dio si serve per attuare la sua opera di salvezza. Sulle pareti, dunque, sotto lo sguardo e in conformità al volere della Trinità, sono raffigurati alcuni interventi angelici nella vita degli uomini: fra tutti, il più lieto è senza dubbio l’annuncio portato dall’arcangelo Gabriele a Maria, affrescato dal Colonna proprio nella lunetta centrale, sopra l’altare.Alle pareti, invece, due episodi della vita degli apostoli Pietro e Giovanni mettono in luce altrettanti uffici svolti dagli angeli: la custodia degli uomini durante i momenti di difficoltà, e la rivelazione dei misteri divini. A sinistra, la Liberazione di san Pietro dal carcere è ambientata dal Vignali in una cella tenebrosa, nella quale irrompe il bellissimo angelo pronunciando – come in un fumetto – le parole incise nel cartiglio al di sopra della tela: «Alzati in fretta e seguimi» (Atti degli Apostoli, 12, 7-8). A destra, all’anziano San Giovanni a Patmos, che – dopo aver contemplato in visione tutto ciò che più tardi scriverà nell’Apocalisse – si è inginocchiato per adorarlo, l’angelo risponde «Non farlo, è Dio che devi adorare» (Apocalisse, 19, 10), ricordando d’essere soltanto un “servo come lui”.
Le due tele laterali formavano in origine una sorta di “trittico” insieme alla grande pala d’altare, purtroppo rimossa nel 1928 per far posto ad un mediocre rilievo in terracotta in omaggio al Sacro Cuore di Gesù che appare a Santa Margherita Alacoque. Fortunatamente il San Michele arcangelo che consola le anime del Purgatorio si trova ancora nella chiesa ed è visibile sull’altare della cappella Tornaquinci.
Raffigura una credenza della tradizione cattolica – da sant’Anselmo a san Pio V –, secondo cui l’arcangelo Michele, principe della milizia celeste, è incaricato di confortare e rincuorare le anime che attendono in Purgatorio d’essere ammesse in Paradiso. Nel quadro del Vignali, il Purgatorio è immaginato come un anfratto ardente, dove le fiamme – che non sono quelle dell’eterno supplizio infernale – valgono ad estinguere ogni traccia di peccato e purificare così le anime dei defunti non ancora degni del Paradiso.
Le tele per la cappella Mazzei sono tra i capolavori assoluti dell’attività di Jacopo Vignali, qui nel pieno della sua maturità artistica, mèmore della pittura macchiata e giocata sui contrasti del Guercino – come nel volto dell’angelo della Liberazione, affondato nell’ombra della chioma riccioluta – ma attento anche alla resa delle superfici e dei materiali, attraverso impasti densi, come nella preziosa veste dell’angelo del San Giovanni.