Furbizie americane: i secondini delle carceri sono reclutati da ditte private

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Le tv e i giornali arabi denunciano l’oltraggio subito dai prigionieri di Abu Ghraib. Foto in prima pagina, terribili testimonianze da chi è uscito da quell’inferno. Sdegno e rabbia accresciuti dalle rivelazioni sulle morti sospette di numerosi detenuti tra l’Iraq e l’Afghanistan. Gli sconvolgenti particolari che emergono in queste ore rafforzano in molti commentatori come nell’uomo della strada l’idea che gli americani non si curino troppo della vita degli altri. E la presenza tra i responsabili delle violenze di tre donne-soldato ha toccato un nervo sensibile. Soldatesse che si sono fatte fotografare vicino alle loro vittime. Come Lynndie England, 21 anni, che ride davanti a una piramide di prigionieri nudi e in un’altra, sigaretta in bocca, fa il segno di Ok mentre un detenuto iracheno si masturba. Vicino c’è il suo fidanzato, un soldato finito sotto inchiesta. Oggi Lynndie è in stato di detenzione nella base di Fort Bragg: “Non sappiamo se sarà processata”, ha dichiarato la madre che vive in una casa-roulotte. Quattro militari e altre due soldatesse, Sabrina Harman e Megan Anbhul, rischiano la corte marziale. Mentre rischia la carriera ancora una donna: il generale Janis Karpinski, responsabile per lungo tempo di Abu Ghraib.
I legali degli accusati hanno adottato la più classica delle difese: “Obbedivano agli ordini, la colpa è dei superiori”. Una tesi mirata ad allargare il peso delle responsabilità e che trova conferma in un rapporto interno rivelato dalla rete Cnn. Alti ufficiali non sono intervenuti pur sapendo delle torture inflitte. E aumenta il numero delle persone coinvolte: militari ma anche civili, i famosi “contractors”, le guardie private impiegate nei centri di detenzione come interpreti o esperti di interrogatori. Almeno tre di loro sono stati protagonisti di gravi abusi ai danni dei prigionieri. Un altro è stato ritenuto responsabile dell’uccisione, durante una “seduta di tortura”, di un detenuto. Stessa pesante accusa per due agenti della CIA che hanno causato il decesso di altrettanti sospetti.
Ma se per gli uomini in divisa la via della punizione è chiara, per i civili è tutta da costruire. Per alcuni esperti non possono essere giudicati dai tribunali militari e secondo l’ordinamento approvato dall’Autorità provvisoria in carica a Bagdad non devono sottostare alle leggi irachene. Dunque, in teoria, sono coperti da una sorta di immunità. Ma alcuni giuristi ribattono: se operavano agli ordini dell’esercito devono andare davanti alla corte marziale.
Cavilli che per ora hanno protetto i responsabili delle torture. Alcuni dei civili sono rimasti al loro posto malgrado la denuncia, scattata due mesi fa, dell’Us Army. Si tratta di un “interrogatore” e di un traduttore impiegati in due società, la Titan e la Caci. I dirigenti delle compagnie hanno candidamente affermato che nessuno dal Pentagono li ha avvertiti. La presenza dei “contractors” nelle prigioni dimostra come l’impiego delle guardie private in Iraq – quasi 20 mila, un esercito – abbia assunto dimensioni sorprendenti. E ora che in Occidente è forte la polemica sul loro impiego, vi sono specialisti di altri Paesi – India, Filippine – pronti a colmare il vuoto. Un’offerta rafforzata dal costo: la metà di una guardia americana o europea.
Le indiscrezioni confermano che i “vigilantes” civili possono muoversi liberamente all’interno delle carceri. L’esercito ne ha impiegati diversi – particolarmente addestrati a condurre interrogatori – per fiaccare la resistenza dei detenuti. Un sistema già usato nei confronti dei presunti membri di Al Qaeda. Chiaramente in difficoltà, il Pentagono prova a contenere lo scandalo. Annunciando le punizioni verso i primi 7 accusati e cambiando le condizioni per i detenuti. I prigionieri non potranno più essere incappucciati. Non sarà permessa la privazione del sonno (in alcuni casi appena 4 ore su 24). Vietato tenere i detenuti in posizione di stress (in piedi per ore, inginocchiati). Inoltre il numero dei carcerati ad Abu Ghraib dovrà scendere da 3.800 a 2.000 unità.
(dal Codice militare)